Luigi Di Maio pronto a colpire anche le pensioni “normali” per favorire gli assegni assistenziali

Quando gli italiani smetteranno di festeggiare per i quattro soldi tolti ai deputati col ricalcolo dei vitalizi, forse dovranno iniziare a preoccuparsi per le loro pensioni. Lì si tratta di 630 persone, qui di 16 milioni di cittadini. Certo, non tutti finiranno sotto la scure di Luigi Di Maio, ma il numero delle potenziali vittime si allarga giorno dopo giorno. All’inizio il leader grillino sosteneva di voler sforbiciare attraverso il ricalcolo contributivo (come avverrà per i parlamentari) solo le pensioni d’ oro, che in base ai suoi calcoli sono quelle sopra i 5mila euro netti (8.500 euro lordi).

Qualcuno, però, deve avergli riferito dei calcoli dell’ex consulente di Palazzo Chigi, Stefano Patriarca, secondo cui l’ operazione porterebbe in cassa solo pochi spiccioli. La platea di chi percepisce quegli assegni, infatti, è formata da appena 30mila persone. Non solo. A quei livelli lo scarto tra contributi versati e prestazione percepita è minimo, nell’ ordine del 5-6%. Risultato: il bottino sarebbe di 100 milioni e rotti. Troppo poco per l’ obiettivo di Di Maio di far dimenticare agli elettori i ritardi sul reddito di cittadinanza portando i trattamenti minimi a 780 euro dagli attuali 500. Ed allora ieri, chiusa la pratica dei vitalizi, il vicepremier ha subito rilanciato: «Saranno tagliate quelle sopra i 4mila euro netti per ridare alle minime. Nei prossimi giorni arriva il disegno di legge».

I CONTI NON TORNANO – Anche qui, però, i conti non tornano. Le pensioni sopra i 4mila netti (circa 7mila lordi) sono percepite da meno di 40mila persone. Il che permetterebbe, considerando pure in questo caso coefficienti di scarto minimi tra soldi versati durante il lavoro e presi successivamente, di portare a casa poche centinaia di milioni. Briciole rispetto a quello che servirebbe per l’ operazione alla Robin Hood che Di Maio ha in testa. In Italia ci sono oltre 2,3 milioni di pensionati che guadagnano meno di 500 euro lordi al mese. E per loro lo Stato spende già 8,3 miliardi di euro. Il loro assegno medio è di 3.600 euro l’ anno, ovvero 300 euro al mese. Il calcolo è semplice: per arrivare a 750 euro mensili servirebbero almeno 8,5 miliardi. Una cifra simila a quella che, secondo i calcoli del governo giallo-verde, servirebbe per addolcire la Fornero con la quota 100. Quattrini che, in entrambi i casi, difficilmente il ministro dell’ Economia, Giovanni Tria, farà uscire dalla borsa.
Un’ alternativa potrebbe essere quella di circoscrivere il beneficio a chi prende poco ed è anche in una condizione di povertà assoluta. La scrematura ridurrebbe la platea a 400-500 milioni, ma la spesa totale sarebbe comunque intorno a 2 miliardi di euro. Per trovarli, la strada è obbligata. Bisogna portare la soglia ulteriormente giù. Ipotesi devastante per i pensionati, perché andrebbe a colpire anche gli assegni di livello medio, ma assai facile da realizzare. Le simulazioni, infatti, sono già pronte da tempo all’ Inps.

L’AIUTINO DELL’INPS – Tito Boeri, infatti, che in questi giorni ha supportato Di Maio con i suoi tecnici per la messa a punto del dl dignità e che sta già lavorando ad una soluzione “economica” per il reddito di cittadinanza, sta studiando l’ assalto alle pensioni con il ricalcolo contributivo da anni. Solo la scorsa settimana il presidente dell’ Inps ha spiegato che la sua vecchia proposta di tagliare le pensioni sopra i 5mila euro lordi (meno di 3.500 euro netti al mese) allargherebbe «la platea a 200mila persone» e permetterebbe di recuperare, «mettendoci dentro anche i vitalizi, quasi un miliardo». E non è detto che sia finita. Se il principio passa, ha detto l’ ex ministro Cesare Damiano, «si metterà in discussione l’ assegno di 15 milioni di persone colpevoli di avere una pensione calcolata col metodo retributivo. Non stiamo parlando dei ricchi, ma degli operai». La beffa è che quei soldi, tolti a chi i contributi li ha pagati, finiranno ad un esercito di pensionati che non ha mai versato un euro. Come ha spiegato l’ ex sottosegretario Alberto Brambilla, le pensioni sotto i mille euro sono «in tutto o in parte assistenziali. Si tratta quindi di soggetti che nella loro vita attiva hanno versato pochi o zero contributi».

 

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