Torna il piano Draghi premier: perché l’Europa e la finanza lo vogliono a Palazzo Chigi

Fantapolitica?
Forse. Ma le condizioni si stanno allineando: come riporta affaritaliani.it, il ritorno di Mario Draghi a Palazzo Chigi non è più una semplice suggestione da retroscenisti. Dopo il suo discorso a Coimbra, applaudito da Sergio Mattarella e dalle principali cancellerie europee, il nome dell’ex premier torna centrale nei ragionamenti del centrosinistra moderato, dei liberali e persino dei Berlusconi. Il suo profilo resta l’unico che unisce establishment, mercati, e istituzioni europee.
Il discorso che ha riacceso l’ipotesi Draghi
A Coimbra, in Portogallo, Draghi ha tracciato una chiara agenda europea per crescita, difesa e innovazione, sottolineando la necessità di “investimenti comuni, mercato interno più forte e maggiore autonomia energetica e tecnologica”. Un manifesto economico che ha fatto impennare le borse e abbassare lo spread. Segnale letto dagli osservatori come “effetto Draghi” sul sistema finanziario internazionale.
Il fronte che lo vuole a Palazzo Chigi
Nella politica italiana, c’è un’area sempre più larga che vorrebbe riportarlo alla guida del Paese: il fronte riformista del PD, Azione, +Europa, Italia Viva e persino settori di Forza Italia, specie quelli più vicini al PPE e agli equilibri europei. Marina Berlusconi, in particolare, guarda con favore a un assetto più europeista e stabile, anche per tutelare gli interessi mediatici del gruppo in Germania e in UE.
Le resistenze (e le speranze) nel centrodestra
La Lega, soprattutto nella sua componente più ideologica rappresentata da Roberto Vannacci, è fortemente contraria a un ritorno di Draghi. Giorgia Meloni, invece, mantiene un atteggiamento di apertura personale ma è indebolita dal posizionamento anti-UE di parte della sua maggioranza. Paradossalmente, il “caso Vannacci” ha spaventato non poco le istituzioni europee.
Conte, Schlein e Landini: la sinistra è divisa
Nel M5S, Giuseppe Conte si oppone fermamente all’ipotesi Draghi e rilancia l’idea di un candidato terzo per unire i progressisti. Elly Schlein vacilla, e nei corridoi si parla di un’ipotesi “Landini premier” sostenuta da AVS, M5S e parte del PD. Ipotesi che i riformisti dem rigettano.
Il centro si muove: nasce il circolo Matteotti
Segnali concreti arrivano anche dalla base: a Milano è nato il circolo Matteotti, che riunisce esponenti di Azione, PD, Italia Viva e +Europa. Un primo passo verso un possibile fronte liberal-europeista che, nel post-Meloni, potrebbe trovare in Draghi l’unico leader capace di catalizzare consenso vero.
Conclusioni: fantapolitica o strategia possibile?
Al momento, Draghi resta in silenzio. Ma molti nei palazzi romani e a Bruxelles sono convinti che, se la crisi politica dovesse esplodere nel 2025 o nel 2026, sarà lui il nome da spendere. Per alcuni è il piano B. Per altri, è già il piano A.