De Maria, perché era libero? I giudici: “Percorso impeccabile, impossibile prevedere la tragedia”

Un comunicato ufficiale, firmato dal Presidente della Corte d’Appello e dalla Presidente facente funzione del Tribunale di Sorveglianza di Milano, tenta di far luce sulla drammatica vicenda di Emanuele De Maria, l’uomo che, dopo aver ottenuto un permesso di lavoro, ha ucciso Chamila Wijesuriya e si è tolto la vita. La nota, diramata a seguito dell’omicidio avvenuto venerdì scorso, chiarisce le ragioni che hanno portato alla concessione del permesso e difende la regolarità del percorso giudiziario.

“La decisione è stata presa sulla base di un percorso carcerario che si è mantenuto sempre positivo,” si legge nel comunicato, che sottolinea come “nulla lasciava presagire l’imprevedibile e drammatico esito.” I giudici, nel dettaglio, spiegano che il provvedimento di ammissione al lavoro esterno è stato assunto “dopo un’istruttoria approfondita, con il contributo dell’amministrazione penitenziaria e delle forze dell’ordine.” Il reinserimento sociale di De Maria, condannato a 15 anni per l’omicidio di Oumaima Racheb nel 2016, era monitorato e autorizzato in conformità all’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, che permette l’ammissione al lavoro esterno in assenza di pericolo concreto di fuga o di recidiva.

“Il provvedimento dell’Ufficio ha rispettato la normativa ordinaria,” ribadiscono i magistrati, esprimendo al contempo “profondo dolore per le vittime e vicinanza ai familiari.” Il programma trattamentale approvato dalla Casa di Reclusione di Bollate, dove De Maria era detenuto, prevedeva l’ammissione al lavoro esterno, visto il suo comportamento ritenuto positivo.

De Maria, trasferito nel carcere di Bollate nel 2021 e ammesso al lavoro esterno il 22 maggio 2023, aveva quindi seguito un iter considerato regolare. Tuttavia, la tragedia avvenuta venerdì scorso, quando ha accoltellato due colleghi all’hotel Berna, solleva interrogativi cruciali sull’efficacia e sui limiti del sistema di sorveglianza e reinserimento dei detenuti.

La nota dei giudici, pur motivata e rispettosa delle procedure, non riesce a colmare il vuoto lasciato da una tragedia che ha sconvolto l’opinione pubblica. La famiglia della vittima e molti cittadini si interrogano: era davvero impossibile prevedere quanto accaduto, nonostante il “percorso impeccabile” descritto dai giudici? La vicenda, infatti, pone l’accento sulla difficoltà di valutare la reale pericolosità di un individuo, anche quando il suo comportamento appare conforme alle regole.

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