Vladimir Putin, il ruolo degli Emirati Arabi: retroscena, perché dietro la guerra c’è la mano degli sceicchi

Più a lungo durano e meno sono destinate a essere efficaci, come nel caso di quelle imposte dagli Stati Uniti contro il regime comunista di Cuba. Adottate, le prime, nel 1962 da John F. Kennedy le sanzioni contro la Havana sono formalmente ancora in piedi – Barack Obama provò ad alleggerirle senza successo nel 2014 – ma sull’isola caraibica splende ancora il sol dell’avvenire. Oppure ci sono quelle totali decretate nel 1948 dal mondo arabo e islamico contro il nascente Stato d’Israele: sanzioni dirette contro le imprese di quella nazione e indirette contro chi fa affari con l’”entità sionista”, per dirla con il linguaggio degli ayatollah iraniani. Neanche quelle hanno funzionato: Israele va forte e anzi in anni recenti ha stretto nuove amicizie proprie in seno al mondo arabo.

ISOLAMENTO
Le sanzioni più efficaci, in teoria, sono quelle che non si adottano mala cui sola minaccia fa tremare i polsi a chi rischia di subirle. Poiché la principale voce di gettito del bilancio russo sono i proventi dalle esportazioni di gas, se il resto del mondo smettesse di importare l’oro blu dalla Russia, Mosca ne risentirebbe molto pesantemente. Ma poiché in Europa dipendiamo in tanti dal gas russo, questa opzione non è esperibile. Significa che le misure anti-Cremlino sono destinate a non sortire alcun effetto? «Queste sanzioni sono molto più ampie del solito e portano a un isolamento internazionale senza precedenti: oltre all’esclusione di Mosca dalla piattaforma bancaria Swift e al congelamento dei beni di Vladimir Putin e di tanti oligarchi, Visa e Mastercard hanno bloccato le operazioni della carte russe fuori dalla Russia». La ricercatrice dell’Ispi Eleonora Tafuro, esperta di Russia, non ha dubbi. Nulla a che vedere, ricorda, rispetto alle sanzioni occidentali del 2014 dopo l’annessione russa della Crimea, quando per esempio lo stop alle esportazioni di prodotti agricoli verso la Russia veniva aggirato grazie e una triangolazione con la Serbia.

Per Tafuro le nuove sanzioni colpiscono non solo tanti paperoni russi abituati a viaggiare – «ed è difficile sottrarsi alle sanzioni contro una persona o una azienda» – ma anche comuni cittadini lontani da Putin, “come i tanti lavoratori locali delle imprese occidentali che hanno deciso di lasciare la Russia; e poi basta osservare come si è svalutato il rublo”. Sanzioni vere, dunque, che fanno male a chi ne è l’oggetto come a chi le applica. Ecco perché numerosi paesi stanno cercando di aggirarle o disapplicarle. È il caso questo di alcune nazioni mediorientali, più o meno legate a Mosca. Prendiamo il Qatar, per esempio. L’emirato è un poderoso esportatore di gas che avrebbe tutto da guadagnare da una Russia con i rubinetti chiusi. Doha ha condannato con fermezza l’aggressione dell’Ucraina, eppure il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, ha ricevuto lunedì proprio il suo omologo qatariota Mohammed Al Thani per «mantenere un trend positivo del fatturato commerciale e sviluppare la cooperazione agli investimenti». E se il Marocco non ha neppure votato la risoluzione dell’Assemblea Generale dell’Onu che «deplora» l’invasione russa dell’Ucraina forse per ringraziare Mosca che ha sempre chiuso un occhio sulla questione del Sahara Occidentale, è di questi giorni la notizia che Russian Emirates, la rivista che spiega gli EAU nella lingua di Tolstoj, sta andando fortissimo. Il governo di Abu Dhabi non ha messo all’indice né gli oligarchi né i loro mega-yacht, sempre bene accolti nelle calde acque del Golfo Persico mentre Russian Emirates spiega agli interessati come ottenere una cittadinanza emiratina.

OLIGARCHI
Il traffico di jet privati fra Mosca e Dubai ha conosciuto un’impennata ed è facile immaginare che chi può esporta denaro. Chissà che Putin mostri riconoscenza allentando la pressione militare dei miliziani Huthi (alleati dell’Iran) che lanciano missili sugli emirati. Parlando alla tedesca Deutsche Welle, Jodi Vittori, professore alla Georgetown University di Washington ed esperto di corruzione ha illustrato «la crescente preoccupazione che Dubai diventi un hub ancora più grande per il denaro degli oligarchi». Ragion per cui la ong berlinese anticorruzione Transparency International ha messo gli EAU nella lista grigia dei grandi osservati speciali. Consapevole delle scelte dei vicini arabi e dell’atterraggio a Tel Aviv di 14 jet privati russi in soli dieci giorni, il ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid ha affermato lunedì che Israele non aiuterà chi intenda aggirare le sanzioni. Ma il governo del premier Naftali Bennett ha adottato solo quelle anti-Russia, non quelle anti-oligarchi.

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