La parità salariale è Legge: cosa cambia per i lavoratori e quali sanzioni rischiano le aziende. Il testo

La parità salariale è diventata legge. Il Senato ha approvato il testo, a firma di Chiara Gribaudo, dopo un iter di approvazione durato meno di 15 giorni. Ecco cosa è contenuto nella legge e cosa cambierà da questo momento in avanti.DDL Zan affossato, la reazione della destraPauseUnmuteCurrent Time 0:16/Duration 0:33Loaded: 100.00% FullscreenAudioRIATTIVA L’AUDIO

Legge sulla parità salariale: che cos’è e cosa contiene

Con la nuova Legge sulla parità salariale si interviene e si aggiorna il Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, noto come Codice delle Pari opportunità. L’articolo 1 della Legge appena approvata dal Senato prevede che:

  • Sia incrementata l’efficacia dell’informazione e del controllo delle Camere sull’applicazione della legislazione in materia di pari opportunità;
  • Sia valorizzato il ruolo della consigliera nazionale, figura che trasmetterà ogni 2 anni una relazione circa la disparità di genere sul lavoro.

L’articolo 2 è relativo alle discriminazioni indirette, cioè comportamenti in apparenza neutri che però sono in grado di svantaggiare le donne. In particolare, aggiungono a queste discriminazioni le modifiche alle condizioni e ai tempi di lavoro, perché possono sfavorire le donne in ragione del sesso, dell’età e delle esigenze familiari.

Con la nuova Legge, inoltre, il concetto di discriminazione è esteso anche alle fasi di selezione del personale.

Legge sulla parità salariale, le novità sui rapporti redatti dalle aziende

L’articolo 3 della Legge sulla parità salariale riguarda la disciplina dei rapporti sulla situazione personale, eseguiti per verificare il rispetto dei principi di parità di genere nelle imprese pubbliche e private. Questi rapporti riguardano: assunzioni, retribuzioni, promozioni, mobilità, licenziamenti del personale. In questo ambito introduce:

  • L’obbligo di redazione del rapporto biennale per le aziende con più di 50 dipendenti, non solo per quelle con più di 100 dipendenti;
  • La pubblicazione di un elenco di aziende che abbiano provveduto a trasmettere tale rapporto e quelle che invece non lo hanno redatto.
  • La pubblicazione avverrà sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ottica della trasparenza;
  • Le modalità con cui sarà necessario presentare l’elenco delle aziende tenute all’obbligo. Tale lista sarà destinata alla consigliera (o consigliere) nazionale di parità, ma anche alle consigliere (e ai consiglieri) di parità delle Regioni e delle Città Metropolitane entro il 31 dicembre di ogni anno.

Legge sulla parità salariale: certificazione per le aziende e sanzioni per gli inadempienti

L’articolo 4 è dedicato alla certificazione della parità di genere per le aziende. L’obiettivo sarebbe quello di attestate le politiche e le misure adottate in concreto dai datori di lavoro per agire sul divario di genere.

Nell’articolo 5 si esplicitano gli sgravi fiscali per tutte le aziende che ottengono questo certificato, per cifre fino a 50.000€ annui e di un punto percentuale sui contributi a carico del datore di lavoro.

Le imprese che si dimostreranno invece inottemperanti per più di 12 mesi perderebbero i benefici contributivi. Chi non ottempera all’obbligo nei 60 giorni successivi all’invito potrà ricevere una sanzione tra i 516,46€ e i 2.582,28€. Chi invia rapporti mendaci o incompleti verrà multato da 1.000€ a 5.000€. La responsabilità di controllare che i rapporti siano veritieri viene affidata all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Con l’articolo 6 della Legge, infine, si promuove l’equilibrio di genere anche negli organi di tutte quelle società pubbliche che non siano quotate in mercati regolamentati.

Nello specifico si estende la normativa della legge Golfo-Mosca, relativa alle quote rosa in azienda, riservando alle donne i 2/5 delle presenze nei consigli di amministrazione. Riguarderà i primi 6 mandati successivi all’applicazione della norma.

La parità salariale anche tra gli obiettivi europei

La Legge sulla parità salariale si inserisce nella strategia dell’Unione Europea che, nel quinquennio 2020-2025, intende ricercare le cause del divario salariale tra uomini e donne. In questo contesto si inserisce anche la proposta di legge che vorrebbe agire sul congedo di paternità, in modo da aumentare la condivisione tra donne e uomini del tempo e delle responsabilità legate alla famiglia. Tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile fanno parte anche del Pnrr, del Next Generation Eu e dell’Agenda 2030 dell’Onu.

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