Saman Abbas, la confessione del fratello: «Come è stata uccisa». Lo zio: “Un lavoro fatto bene”

L’uccisione di Saman? «Un lavoro fatto bene». Così, con queste parole terrificanti, lo zio definisce quel che è accaduto alla ragazza sparita nel nulla a Novellara. L’ipotesi assai concreta dello strangolamento, il padre che dopo che viene a sapere che la figlia Saman è stata uccisa quasi sviene e scoppia a piangere, la spietatezza dello zio Danish che pianifica il feroce delitto (perché la nipote aveva rifiutato il matrimonio combinato dalla famiglia pakistana e voleva vivere all’occidentale) ma che poi anche lui ha un cedimento, e piange nei giorni successivi. Il racconto che il fratello sedicenne della ragazza sparita nel nulla a Novellara ha fatto ai carabinieri il giorno dopo essere stato fermato ad Imperia è sconvolgente. Parole che fanno quasi sembrare di assistere in presa diretta all’omicidio.

E intanto ecco spuntare i frame di un video agghiacciante, ripreso da una telecamera di sorveglianza nei pressi dell’abitazione di Saman, lo scorso 29 aprile (cioè il giorno prima dell’uccisione): mostrano proprio zio Danish con due cugini (uno è quello che è stato fermato a Nimes, in Francia, qualche giorno fa) che si muovono a passi lesti imbracciando delle vanghe. Per i carabinieri, che hanno diffuso le immagini, sarebbe la prova chiara che i tre si stessero dirigendo a scavare la fossa dove avrebbero poi gettato il corpo della ragazza. Un fatto quindi premeditato, come per altro è testimoniato dal fatto che ben tre giorni prima, il 26 aprile, avevano avuto i biglietti aerei per tornare in Pakistan (comprati dallo zio?). Sempre secondo quanto riferito dalle forze dell’ordine, nei prossimi giorni, in base anche alle condizioni meteo, per le ricerche della ragazza, potrebbe essere utilizzato l’elettromagnetometro.

La freddezza spietata di Hasnain

Ma torniamo al racconto del fratello di Saman, come riportato stamane dalla Gazzetta di Reggio. Danish Hasnain, l’uomo di 33 anni accusato dalla Procura di avere ammazzato Saman, in quella terribile notte di fine aprile, si sarebbe mosso con freddezza. «Ora andate a casa, ora ci penso io» avrebbe detto ai genitori della diciottenne, Shabbar, 46 anni, e Nazia Shaheen, 47. «Tutto avviene sotto gli occhi del minorenne» scrive appunto il cronista Tiziano Soresina. È a quel punto che, secondo il racconto del 16enne, il padre si è sentito male; ma al tempo stesso non poteva permettersi pentimenti, perché riteneva Danish capace di sterminare la famiglia. Del resto proprio a lui si erano affidati per risolvere il problema della figlia — «cocciuta e grintosa» secondo le assistenti sociali —, determinata a opporsi al matrimonio combinato da Shabbar in famiglia. Quando Danish rientra in casa, non ha nulla in mano e da questo il sedicenne deduce che la sorella sia stata uccisa con lo strangolamento.

Anche lo zio piange, ma non rivela dove sia seppellita

Dopo che i genitori spariscono, rientrando in Pakistan, il sedicenne resta per qualche giorno solo con lo zio a Novellara. Anche Hasnain avrebbe mostrato segni di cedimento, arrivano a piangere e cercando — scrive sempre la Gazzetta — di rincuorare il ragazzo disperato per l’uccisione della sorella. Ma Danish sfodera anche la minaccia. E gli ricorda che non deve dire nulla ai carabinieri sennò ammazza pure lui. E non gli dice nulla nemmeno quando il ragazzino gli chiede dove sia seppellita Saman, perché vorrebbe andare a trovarla un’ultima volta prima di fuggire.

Le minacce anche al fidanzato

Ma poi c’è anche l’altro racconto, quello che fa il fidanzato di Saman agli investigatori del Reparto operativo diretto da Stefano Bove. Si è già detto che poco prima che la ragazza venga uccisa lei messaggia con lui con il cellulare della madre, preso a sua insaputa. Saman la ascolta mentre parlano di lei, della sua uccisione. Esce allora della sua camerette, chiede spiegazioni direttamente a Nazia, che ovviamente nega, replica di essersi riferita a un episodio simile avvenuto in Pakistan tempo prima. La ragazza non ci crede. «L’ho sentito con le mie orecchie, ti giuro che stavano parlando di me», prosegue con il fidanzato. Al quale aggiunge: «Non sono fiduciosa», «se non mi senti per 48 ore avverti le forze dell’ordine». Dalle carte si scopre anche che il ragazzo era stato minacciato dal clan Abbas. Addirittura l’atteggianento intimidatorio era rimbalzato anche ai suoi familiari in Pakistan. E anche il fratello sedicenne si era scatenato a parole contro di lui.

L’estradizione del cugino

Sul fronte giudiziario, è attesa l’estradizione di Ikram Ijaz, preso a Nimes dalla polizia francese su indicazione dei carabinieri. Sa dov’è il cadavere della povera Saman? Dovrà chiarirlo, dato che il fratello della 18enne dice che il giorno precedente alla terribile notte affiancarono Hasnain nei preparativi del delitto, quelli ripresi dalle telecamere di sorveglianza mentre si dirigevano in campagna con degli attrezzi. Servivano per scavare la buca dove seppellire Saman.

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