Inps, casa in pieno centro con un canone annuo di 1.400: lo scandalo, privilegi a dipendenti e parenti

I numeri complessivi sono noti. Anche perché la Corte dei Conti ogni anno sforna un bel rapportone sulla gestione finanziaria dell’Inps. L’ultimo, pubblicato lo scorso luglio e riferito all’esercizio 2018, contiene delle tabelle sintetiche ed eloquenti. La consistenza lorda del patrimonio immobiliare dell’ente di previdenza è di 2,5miliardi. Si tratta per intendersi, del valore dei circa 27mila cespiti di proprietà dell’istituto. Un bel gruzzolo che, però, invece di andare a rimpinguare le casse sempre troppo vuote dell’Inps costituisce l’ennesima voce in perdita del bilancio. Il totale degli immobili messi a reddito, che secondo l’ultimo elenco pubblicato dall’ente, aggiornato al dicembre 2019, sono 7.621, produce circa 57 milioni di entrate l’anno. Una bella somma? Non proprio. Come sa bene qualsiasi proprietario di casa, possedere un appartamento costa. E quelli dell’Inps, come spiega la magistratura contabile, costano 48 milioni di spese gestionali ordinarie (prevalentemente manutenzione) e ben 76 di spese obbligatorie non discrezionali, di cui 33milioni di Imu/Tasi e 43 milioni di ammortamenti. Risultato: il rendimento lordo al netto delle spese gestionali è irrisorio, lo 0,4%, quello al netto delle uscite obbligate è addirittura negativo, -2,86%. Come è possibile che un tale ben di Dio faccia bruciare denaro invece di produrlo? La spiegazione è nei dettagli, che a differenza dei grandi numeri si conoscono meno. Ed è per questo che Libero da oggi inizia a pubblicare parte degli elenchi degli immobili concessi in locazione con i relativi canoni di affitto.

Con particolare attenzione ai beni ad uso abitativo e ai locali commerciali. E’ qui, infatti, che spuntano i dati più clamorosi. Chiunque abbia una minima esperienza delle zone centrali dei grandi capoluoghi italiani sa bene quanto sia oneroso sostenere i costi di una locazione. Ebbene scorrendo la lunga lista delle abitazioni di proprietà dell’Inps si scopre che esse vengono messe a disposizione in cambio di un vero e proprio tozzo di pane. Tanto per avere un’idea, una casa in pieno centro di Roma, in via Luca Signorelli, a due passi dall’Auditorium e dal museo Maxxi, può arrivare a costare appena 1.400 euro l’anno di pigione. La stessa cifra è sufficiente per poter usufruire di un appartamento in Porta Romana, a Milano, non troppo distante dal centro storico.

E importi simili spuntano ovunque, anche a causa del divieto imposto all’Inps (per favorire la dismissione degli immobili) di rinnovare i contratti, che spesso ha trasformato i canoni in irrisorie indennità di occupazione. Non stiamo parlando della solita affittopoli, dei privilegi della casta, ma di un nutrito esercito di dipendenti pubblici, dei loro parenti, di raccomandati o di semplici imbucati, che vive (legalmente, sia chiaro) a sbafo della collettività. Difficile capire cosa abbia portato a questo enorme furto ai danni dei pensionati. Presumibilmente un groviglio di inefficienza, burocrazia e cattiva gestione. Che si è trascinato per anni e da cui ora non è facile tirarsi fuori. Anche perché accanto ai furbetti nelle case dell’Inps ci sono pure famiglie in difficoltà che hanno inevitabilmente scambiato il canone esiguo per un ammortizzatore sociale. Chi glielo spiega, adesso, che quello sconto sull’affitto lo sta pagando qualcun altro e non è più sostenibile?

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