La verità sui contagi e il picco: “Cosa accadrà fra sette giorni”

Da domani, lunedì 15 marzo, ben 8 regioni saranno in zona rossa e il picco della terza ondata è previsto tra circa una settimana. Sette delle regioni da domani rosse, a parte la Puglia, sono ormai vicine al picco.

Anche questa volta le norme restrittive sono state prese tardi. Nella provincia di Trento per esempio il colore rosso scatta proprio quando la curva sta già scendendo per i fatti suoi. Ma questo discorso vale un po’ per tutto il paese, visto che tra il 6 e il 7 marzo l’indice di diffusione ha rallentato un po’ ovunque.

Il picco della terza ondata tra 7 giorni

Come riportato dal Corriere, Carlo La Vecchia, epidemiologo e docente di Statistica medica all’università Statale di Milano, ha spiegato che “i dati mostrano segnali di livellamento. Che la velocità di crescita sia in decremento è ormai un fatto assodato”. Quindi, tra circa una settimana, giorno più giorno meno, il valore dell’Rt che indica l’espansione del virus dovrebbe tornare vicino all’1, se non addirittura sotto. Nonostante questo da domani 8 regioni saranno in fascia rossa.

Da più di un anno la comunità scientifica lombarda guarda al lavoro dell’ingegnere Alberto Gerli, inventore di un modello matematico di previsione sull’epidemia che si è rivelato sempre efficace. Per esempio, a Milano verso lo scorso 10 febbraio venivano registrati circa 400 nuovi casi al giorno. Pochi giorni dopo, le elaborazioni indipendenti di Gerli identificavano l’arrivo massiccio delle varianti e prevedevano per il capoluogo lombardo oltre mille positivi al giorno entro la fine del mese. E il 25 febbraio Milano ha superato i mille casi ed è anche andata sopra i 1.500. Elaborazioni efficaci che non sbagliano un colpo, confermate dai dati reali.

Lo stesso era avvenuto anche nel mese di ottobre. Sarebbe forse il caso di ascoltare di più Gerli che propone un modo più semplice per calcolare il valore dell’Rt, considerando i positivi degli ultimi 15 giorni e confrontandoli con quelli di due settimane sfasate andando indietro, e quindi tra i 7 e i 21 giorni fa. L’ingegnere ha spiegato che si tratta di “un calcolo che ci restituisce l’andamento, e messo insieme all’incidenza dei casi per 100mila abitanti dice quanto sia grave la situazione”. Le elaborazioni ufficiali usate fino a questo momento sono sempre in ritardo perché si riferiscono sempre a dati vecchi di oltre 10 giorni. Secondo Gerli, “il momento di intervenire sarebbe quello in cui gli indici iniziano a salire. Ormai sappiamo che le curve dell’epidemia durano 40 giorni, e che se si vuole contenere la crescita bisogna farlo nei primi 17 giorni. Altrimenti, le curve seguiranno il loro corso naturale”.

Fondamentale è la rapidità delle decisioni

Nei prossimi giorni i contagi in Italia aumenteranno ancora, toccando anche i 35-40mila casi verso il 20 marzo, e quando inizieranno a calare non sarà merito delle zone rosse e delle restrizioni che entreranno in vigore da domani, ma saranno conseguenza del fatto che la curva inizierà a scendere da sola. E lo avrebbe fatto anche senza ulteriori restrizioni. Fin dall’inizio ci viene detto che i casi registrati oggi si sono contagiati circa 10-15 giorni fa. Prendendo come esempio la Lombardia, nelle prossime due settimane, quando la regione sarà in rosso, registreremo i contagi avvenuti quando si trovava ancora in fascia gialla e arancione scuro.

Per riuscire a contenere i contagi è fondamentale la rapidità e agire quando si vedono i primi segnali di salita. Se le restrizioni arrivano quando l’ondata è ormai esplosa, “il contenimento sarà utile solo per il dopo, per determinare quanto rapida sarà la discesa, non per limitare la crescita”.

Come ha tenuto a sottolineare il professor La Vecchia, anche questa volta i provvedimenti sono arrivati tardi, quando ormai la crescita sta già finendo da sola e inizierà la decrescita. La Vecchia ha tenuto però a precisare che “si tratta di constatazioni senza polemica, perché gestire un’epidemia è estremamente difficile. Ma sembra che solo quando il numero di casi è molto alto, e molte persone si ritrovano magari con un amico o un parente malato, si possa accettare che la situazione richieda interventi. E poi si ha l’impressione che questi provvedimenti abbiano impatto, mentre invece probabilmente l’andamento è già predefinito. Ad esempio a Brescia e Bolzano, due delle zone più colpite in questa fase, vediamo dei forti rallentamenti, segno che probabilmente si è arrivati a una saturazione dei soggetti suscettibili. Siamo ancora in una situazione seria, ma non bisogna dimenticare che non è assolutamente paragonabile a quella drammatica della scorsa primavera”.

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