Perché tutti vogliono Sputnik: ecco lo studio (italiano) che lo promuove

Adesso Sputnik V lo vogliono tutti: il vaccino russo tanto bistrattato in fase iniziale sta diventando oggetto di consensi sempre più importanti.

Dopo la pubblicazione dei risultati su Lancet del 2 febbraio scorso (qui lo studio) dove i ricercatori sottolineano come questo vaccino abbia un “forte effetto protettivo costante in tutti i gruppi di età dei partecipanti” aggiungendo come il risultato riportato sia “chiaro e il principio scientifico della vaccinazione è dimostrato”, anche l’Istituto Spallanzani di Roma ne ha iniziato “una valutazione indipendente come Istituto di ricerca, non come gruppo isolato” , ha dichiatato il Direttore sanitario, Francesco Vaia, in replica al numero uno dell’Aifa, Nicola Magrini, in un’intervista al Corriere della Sera sul parere che il Centro Nazionale per le Malattie infettive aveva inviato al Ministero della Salute il 17 febbraio scorso.

La ricerca dello Spallanzani

Il documento di 9 pagine, prodotto dal Gruppo di Lavoro Sperimentazioni Vaccini e Terapie Innovative dell’Istituto Lazzaro Spallanzani, che abbiamo allegato in esclusiva a questo pezzo parla chiaro: Sputnik funziona. “È sviluppato su una piattaforma tecnologica basata su un vettore adenovirale umano eterologo. In pratica, il piano di vaccinazione prevede la somministrazione di due dosi sequenziali a 21 giorni di distanza (dette prime e boost) che sono state sviluppate con due vettori adenovirali differenti”, riporta il documento, che spiega il funzionamento di questo vaccino che ha dato un’efficacia del 91,6% dei casi senza effetti collaterali seri così come riportato da Lancet. In realtà, si legge sul documento, la protezione è superiore al 90% nelle situazioni di malattia lieve e del 100% in quelle gravi. È per questa ragione che Sputnik si può paragonare “ai due vaccini più efficaci attualmente disponibili (Pfizer e Moderna, ndr) e si sono dimostrati omogenei in tutte le fasce d’eta”

I limiti

Sul documento dello Spallanzani vengono riportati anche i limiti delle informazioni disponibili sul vaccino russo che riguardano la non presenza della “descrizione della tecnologia utilizzata per lo sviluppo dei vettori virali né esistono informazioni sulla genetica relativa al DNA trsportato dal vettore”. Inoltre, sulla ricerca pubblicata su Lancet “non sono stati condivisi i protocolli di studio in dettaglio ma solo attraverso il richiamo alla sintesi pubblicata sul sito ClinicalTrial.gov”. Anche se molto consistenti, tutti i dati di efficacia provengono da una singola sperimentazione sviluppata a Mosca in un solo gruppo etnico e sotto il controllo di una sola autorità regolatoria. Nonostante queste incertezze, comunque, si ritiene che il vaccino russo possa avere un “ruolo importante nei programmi vaccinali contro Sars-Cov-2”, concludono i ricercatori dello Spallanzani con la firma di Francesco Vaia.

Cosa può accadere adesso

Il numero uno dell’Aifa, Magrini, non aveva mai messo in dubbio le qualità di questo vaccino che ha definito “ottimo, dal disegno interessante e intelligente” ma ha sottolineato come l’Agenzia non intenda velocizzare i tempi e dare l’ok ad averlo in Italia se prima non si sarà pronunciata l’Ema (Agenzia Europea del Farmaco). Dal canto suo, il Direttore sanitario dello Spallanzani Vaia respinge le accuse mosse per la libera iniziativa dello Spallanzani che sarebbero state a sfondo politico auspicando “che si vada oltre la burocrazia e si accelerino i passaggi. Abbiamo in mano un buon prodotto e in questa fase non possiamo permetterci di perdere tempo. L’epidemia non si ferma e si è visto che nelle categorie già immunizzate, operatori sanitari e anziani, i contagi e i decessi sono sensibilmente calati”.

Favorevoli anche gli infettivologi

C’è l’ok anche dal Prof. Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco e dell’università degli Studi di Milano, che intervenuto ad ‘Agorà‘ su Rai3 ha affermato che “dopo la pubblicazione su ‘The Lancet’ di dati importanti posso pensare solo bene. Non pensavo benissimo all’inizio, quando era stato presentato un po’ come uno strumento di propaganda politica. Non è verosimilmente così e quindi evviva, se si potesse usare sarebbe una gran cosa. Però per poterlo usare in Europa bisogna che venga presentato all’Ema”. Nonostante i protocolli, la Repubblica Ceca è pronta ad utilizzare il vaccino russo anche senza l’ok dell’Ema: lo ha dichiarato il primo ministro ceco Andrej Babis in un’intervista alla Cnn dove spiega che sarebbe sufficiente anche soltanto l’ok dell’autorità regolatrice del Paese, la Sukl.

Da brutto anatroccolo a cigno, la gara per Sputnik V è solo all’inizio.

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