Covid, “bomba” sanitaria nel campo rom di Castel Romano: un adulto morto e 48 bimbi positivi


È allarme a Roma per un focolaio di Covid nel campo rom di Castel Romano, dove un uomo è morto e i successivi tamponi a campione sugli ospiti più a rischio hanno dato un esito più che preoccupante: sono stati trovati anche 48 bambini positivi. A rendere esplosiva la situazione ci si mette anche il problema del tracciamento: i rom escono ed entrano dal campo e non esiste possibilità di controllarne i contatti. Il campo di Castel Romano è da tempo sottoposto a sequestro giudiziario, ma lo sgombero è stato fermato lo scorso autunno sia per l’intervento della Commissione Ue e del Consiglio d’Europa a tutela dei diritti umani sia proprio per la seconda ondata di Covid.

Covid al campo rom: il problema dei controlli

Il campo è il più grande d’Italia e ci vivono attualmente 500 persone. I minori, circa 300, frequentano le scuole delle zone limitrofe: Eur, Spinaceto, Tor de’ Cenci. “Anche lì è scattato l’allarme”, scrive Affariitaliani.it, riportando la notizia del cluster. “Bomba Covid al campo rom di Castel Romano”, titola il giornale online. L’articolo ricorda che i rom entrano ed escono senza alcun tipo di controllo e che anche “il censimento si è rilevato un’operazione impossibile“. Dunque, una “bomba” sanitaria, appunto. Per mettere riparo alla quale ora le autorità sanitarie stanno studiando la possibilità di creare una zona rossa che coincida con i confini del campo. Ma, vista la situazione, l’intervento rischia  di essere tardivo.

Virginia Raggi “custode” del campo di Castel Romano

Dal luglio 2020 il sindaco di Roma, Virginia Raggi, è custode giudiziario dell’area “F”. La Procura di Roma l’ha posta sotto sequestro per i numerosi reati ambientali perpetrati: dai roghi tossici allo sversamento di rifiuti altrettanto tossici che, insieme al percolato delle discariche che lo puntellano, contaminano le vicine falde acquifere. Alla Raggi dovrebbero competere sia le azioni di bonifica sia quelle di protezione sanitaria. Ma, a parte l’idea di stanziare fondi per ospitare alcuni rom in bed&breakfast e hotel della Capitale, non risultano interventi incisivi.

Ci si è messa pure l’Europa

Una situazione sulla quale pesa anche lo stop della Commissione Ue e del Consiglio d’Europa. Facendo riferimento al quadro europeo dei diritti umani, le due istituzioni hanno intimato che in caso di sgombero “gli Stati membri, Italia compresa, devono garantire, che lo stesso avvenga nel pieno rispetto del diritto dell’Unione e degli altri diritti umani internazionali. In ottemperanza agli obblighi come quelli stabiliti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo“.

I bambini prime vittime dello scempio

Insomma, Bruxelles detta le condizioni, la giunta Capitolina non è in grado di ottemperarle e Roma, a circa sei mesi di distanza da quando l’area avrebbe dovuto essere liberata, si ritrova alle prese con un nuovo rischio sanitario, tanto allarmante quanto, tutto sommato, prevedibile. E a farne le spese, oltre agli abitanti dello stesso campo, primi fra tutti quei minori fragili che a parole si vogliono sempre tutelare, sono i romani, la cui preoccupazione, chiarisce Affariitaliani.it, viaggia con sempre maggiore forza tra i comitati di quartiere della zona.

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