Ecco perché la Germania invierà una fregata in Estremo Oriente

Il governo tedesco sta valutando l’invio di una nave da guerra in Giappone, a dimostrazione della crescente attenzione rivolta dalla Germania e dalla comunità internazionale alle dinamiche geopolitiche nella regione dell’Indopacifico.

Lo scrive il quotidiano Nikkei, secondo cui una fregata tedesca potrebbe salpare alla volta del Giappone la prossima estate, facendo tappa in Corea del Sud e Australia. Si tratterebbe di una iniziativa più unica che rara per la Germania, che al contrario di Regno Unito e Francia non alcun possedimento nella regione estremo orientale.

Lo scorso autunno, come riporta anche Agenzia Nova, il governo tedesco ha approvato nuove linee guida per l’Indopacifico, che evidenziano l’importanza della salvaguardia del diritto internazionale e la promozione del libero mercato in quella regione che rappresenta il nuovo fulcro dell’economia globale. L’invio della fregata potrebbe costituire il primo passo simbolico in funzione di questa nuova strategia di politica estera.

Il segretario di Stato parlamentare per conto del ministero della Difesa tedesco, Thomas Silberhorn, ha dichiarato a Nikkei che la Germania punta a “prendere il mare questa estate. Non abbiamo ancora stabilito i dettagli, ma guardiamo al Giappone” come possibile destinazione finale della crociera in Oriente. Silberhorn ha anche aggiunto che Berlino “vuole rafforzare i legami con i partner (asiatici n.d.r.) nel campo delle democrazie”, ma il segretario ha anche sottolineato che il piano “non è rivolto a nessuno”, sebbene il governo tedesco, con questa mossa, abbia in mente un obiettivo ben definito: la Cina ed il suo espansionismo. Il quotidiano nipponico evidenzia che pur in assenza di indicazioni esplicite in tal senso, i piani di Berlino si inseriscono nel solco delle politiche di contenimento di Pechino già intraprese da Regno Unito, Francia e Paesi Bassi.

La maggiore attenzione della Germania allo stato di diritto e alla libertà dei mercati nell’Indopacifico segnala che la sua posizione, di lunga data, nei confronti della Cina – che separava la politica dall’economia mentre approfondiva l’impegno economico evitando questioni prettamente diplomatiche – sta volgendo al termine. Una virata di 180 gradi forse imputabile anche a fattori interni: con i Verdi incentrati sui diritti umani, che si prevede di entrare a far parte del prossimo governo tedesco, le politiche selettive sulla Cina non sembrano più sostenibili.

Secondo fonti del governo tedesco la nave militare rimarrà per qualche tempo in Estremo Oriente fermandosi non solamente in Giappone, Australia e Corea del Sud ma anche altrove. Risulta pertanto molto probabile che la fregata parteciperà a esercitazioni congiunte, e per questi motivi si ritiene che la Germania dovrà fare affidamento alla rete logistica che gli alleati hanno nella regione.

La futura crociera non rappresenta comunque un unicum in senso stretto: nel 2002 una nave militare tedesca fece scalo in Giappone durante un viaggio di addestramento. La missione prevista per questa estate, però, rappresenta un evento del tutto nuovo proprio per durata e finalità, e sicuramente assume anche un significato politico a livello europeo, dimostrando la sempre maggiore preoccupazione del Vecchio Continente per le politiche che stanno dimostrando Corea del Nord e Cina.

Ancora Silberhorn è stato molto esplicito da quest’ultimo punto di vista quando ha riferito che “non possono essere autorizzati a imporre il proprio ordine attraverso il loro potere”. Una dichiarazione che ricorda molto quelle statunitensi o del governo britannico.

Proprio Londra si è posta decisamente nel solco della politica della Casa Bianca di contenimento dell’espansionismo cinese comunicando che il gruppo da battaglia della portaerei Hms Queen Elizabeth salperà per l’Estremo Oriente entro i prossimi sei mesi, andando così a effettuare la prima crociera del Csg (Carrier Strike Group) inglese in quelle acque contese. Il Regno Unito, con questa decisione, si propone soprattutto di ritornare ad avere un’influenza globale per garantire la sicurezza non solo della libertà di navigazione ed il rispetto del diritto internazionale, ma soprattutto dei propri interessi commerciali ed economici, ripresi saldamente in mano dopo Brexit.

La mossa tedesca sembra anche voler essere un’apertura verso Washington dopo l’avvicendamento alla Casa Bianca: il neopresidente Joe Biden sta dimostrando un’agenda di politica estera molto più incisiva rispetto al suo predecessore sulla questione Russia, ma si sta ponendo nello stesso solco per quanto riguarda la Cina. Ricordiamo che i rapporti tra Germania e Stati Uniti, durante l’amministrazione Trump, erano arrivati ai loro minimi storici dalla Seconda Guerra Mondiale per una questione legata principalmente a due fattori: i dazi e la politica della Difesa di Berlino che si è dimostrata diffidente verso gli armamenti di fabbricazione Usa, con l’aggravante, per Washington, di non spendere abbastanza e di essere lontani dall’obiettivo del 2% del Pil destinato alle Forze Armate.

D’altro canto la Germania ha dei profondi interessi economici in Estremo Oriente e pertanto ha bisogno che le vie marittime restino aperte e libere da pericolose ingerenze esterne, quindi deve sostenere fattualmente il diritto internazionale alla libertà della navigazione al pari di Stati Uniti e Regno Unito. Un rapporto del Csis (Center for Strategic and International Studies) dimostra che il valore dei suoi scambi commerciali passanti per il Mar Cinese Meridionale ammontavano, nel 2016, a 215 miliardi di dollari: il primo Paese europeo per volumi. Per fare un paragone il Giappone faceva registrare 240 miliardi, gli Usa 208, il Regno Unito 124, la Francia 83,5 e l’Italia 70,5.

Una Cina aggressiva, che ha dimostrato di voler nazionalizzare alcuni specchi d’acqua vitali come il Mar Cinese Meridionale propagandando, non senza ipocrisia, l’inevitabilità della globalizzazione, viene quindi vista con apprensione anche da Berlino nonostante gli importantissimi legami commerciali che ha con Pechino.

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