Case popolari prima agli italiani: è duro scontro tra il sindaco Fabbri e il vescovo dei clandestini Perego

Ferrara, 6 gennaio 2021 – Immaginate i personaggi di Giovannino Guareschi, ma a parti invertite. Succede che nella Ferrara governata dalla Lega, il sindaco Alan Fabbri e la giunta hanno approvato il nuovo regolamento per l’assegnazione delle case popolari, incardinato sul criterio della residenzialità storica. Dalla pubblicazione della graduatoria, emerge che le prime 157 assegnazioni ( 90 tra gli assegnatari sono over sessanta, e 33 sono over 65) spettino a famiglie italiane in situazione di necessità. Un risultato, commenta il sindaco Fabbri, che “ristabilisce l’equità sociale che era stata cancellata dai finti buonismi delle amministrazioni Pd”.

La dote che porta la nuova amministrazione è quella di ribaltare la prospettiva. Ferrara infatti è passata dall’essere capitale delle case popolari assegnate ai migranti al privilegiare gli italiani. Chi non ha digerito bene la notizia è l’Arcivescovo Gian Carlo Perego. Replicando al sindaco, Perego si augura che “nessuna famiglia che aveva diritto alla casa popolare sia stata esclusa per ragioni di razza e nazionalità. Se così fosse, il nuovo bando non aiuta a costruire la città di domani che non potrà che vedere convivere persone di diversa provenienza, con nuove risorse ed esperienze di cui ha bisogno il futuro di una città diversamente destinata a morire più che ad attrarre nuove persone e famiglie”.

Ecco la diatriba del Mondo Piccolo della città estense. Il sindaco leghista da una parte e l’arcivescovo dall’altra. Le parole di monsignor Perego hanno scatenato la reazione indignata del sindaco che ha replicato duramente. “Le parole del vescovo – così Fabbri – sono evidentemente frutto di un grave pregiudizio politico nei confronti della nostra amministrazione. Dispiace e lascia davvero stupiti veder riesumato il concetto di ‘razza’ nel 2021 e in un momento tanto drammatico per il mondo intero, causato dalla pandemia”. Con il nuovo regolamento, prosegue il primo cittadino, “riusciremo a dare risposta a cittadini in difficoltà e a categorie fino a ora penalizzate nell’accesso alla casa popolare, a partire proprio dagli anziani”. In più, sul criterio della residenzialità storica, principale oggetto del dibattito, il sindaco puntualizza: “Si tratta di un criterio che valorizza gli anni di residenza nel nostro comune, a prescindere dalla nazionalità o da qualsiasi altro criterio che non riguardi l’effettivo bisogno di un alloggio”.

Dunque si tratta solamente di “aiutare le famiglie in difficoltà”. Tutto il resto, rimarca, “sono gravi illazioni che rischiano di fomentare le divisioni e le tensioni sociali su un tema delicato come la casa”. Uno sguardo ai numeri. Le domande raccolte sono 746. Ad oggi sono 259 le richieste accolte in via definitiva, 473 quelle ammesse con riserva e 14 quelle escluse. Comunque, oltre a un diluvio di commenti provenienti da associazioni varie e sindacati, che criticano aspramente la costruzione della graduatoria, arriva l’ulteriore controreplica di Perego. “Prima dell’approvazione di questo bando – si legge in un comunicato – sarebbe stato utile dialogare con le parti sociali”. “Non è la prima volta che gli amministratori e i politici leggono come ‘pregiudizio politico’ e ‘illazioni’ un intervento fondato sulle parole del Magistero Sociale della Chiesa e sul diritto costituzionale di ogni famiglia ad avere una casa – riprende la nota dell’Arcidiocesi – . La ‘residenza storica’ non può essere in grado – da sola – di tutelare il diritto ad avere una casa, come si è già pronunciata la Corte Costituzionale”.

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