La vera storia di It, il “killer clown” che seppellì 33 ragazzini

Benefattore, imprenditore di successo, intrattenitore alle feste per bambini e assassino seriale di adolescenti. È l’identikit di John Wayne Gacy, il “killer clown” americano, passato alla storia per essere stato uno dei criminali più prolifici di sempre. Trentatrè vittime, tutte in età compresa tra i 16 e i 22 anni, che Gacy ha seppellito in una fossa allestita sotto la superficie della sua abitazione dopo aver inflitto loro torture immonde, sevizie degeneri. Un’escalation di violenza, sadismo e brutalità oltre ogni limite immaginabile: si ritiene che Gacy sia stato di ispirazione allo scrittore statunitense Stephen King per l’antagonista di uno dei suoi più celebri romanzi, “It” (1986).

Dietro il sorriso da pagliaccio, il ghigno di un predatore freddo e spietato come altri pochi al mondo. La vita di John Wayne Gacy è stata in oscillazione continua tra fantasie sadiche e aggressività, morte e delirio. Una horror story che è giunta a conclusione il 10 maggio 1994, il giorno in cui viene giustiziato allo Stateville Correctional Center a Crest Hill, in Illinois, mediante iniezione letale. Ma chi era davvero “Pogo the clown”? Quali pieghe oscure nascondeva la sua personalità?

“Un bambino narcisista che utilizzava gli altri per finalità strumentali, dei subumani con i quali non aveva alcun tipo di empatia e con cui non vi era alcuna condivisione emotivo-sentimentale. Gacy era un anaffettivo. Gli altri erano solo strumenti nelle sue mani”, spiega il criminologo e grafologo forense, esperto di serial killer, Vincenzo Mastronardi a ilGiornale.it. “Gacy è un adulto che nasconde un’altra faccia, quella del bambino vilipeso, vittima del padre, che vuole riprendersi una rivincita sul suo passato. Ecco perché utilizza la maschera da clown”, dice Silvio Ciappi, criminologo e scrittore senese.

L’infanzia di John Wayne Gacy

John Wayne Gacy nasce a Chicago (Illinois) il 17 marzo 1942 da John Wayne Gacy Sr e Marion Elain Robinson. È il secondo di tre figli, un ragazzino come tanti che di giorno frequenta la scuola e al pomeriggio si raduna con i boy scout. Non eccelle particolarmente in nessuna materia ma è molto apprezzato dagli insegnanti per la condotta diligente e ha un buon rapporto con i compagni di classe. Tuttavia, la sua infanzia non è affatto felice e serena. Il padre, un alcolista violento, malmena spesso John e non si lascia mai sfuggire occasione per umiliarlo in pubblico. “Femminuccia”, “ciccione froc*o”, sono questi i dispregiativi con cui Wayne Sr è solito rivolgersi al figlio. Ciononostante il piccolo Gacy ne cerca costantemente l’approvazione in un tentativo disperato, e mai esaudito, di guadagnare le attenzioni paterne. Un’esperienza che lo segnerà per sempre, come un marchio a fuoco doloroso e indelebile.

“John Wayne Gacy ha vissuto sotto l’ombra di un padre duro e punitivo. Un padre che non perdeva occasione di bersagliarlo dicendogli che era “scemo”, che da adulto sarebbe diventato un omosessuale. Tant’è che, quando ucciderà, chiamerà le sue vittime “teppistelli”, “fro*i insignificanti”: gli stessi dispregiativi con cui il padre era solito rivolgersi a lui durante l’infanzia. – spiega il dottor Ciappi – Da adulto, non ha fatto altro che ripercorre questo antico abbattimento dell’autostima passando dallo stato di vittima a quello di carnefice”. A 11 anni, John sbatte violentemente la testa cadendo dall’altalena: l’incidente gli procura un esteso ematoma cranico che, però, sarà messo a referto solo al compimento del sedicesimo anno di età. Nel tempo intercorso tra il trauma e la diagnosi, soffre spesso di forti mal di testa e di perdita temporanea della memoria. Il ristagno di sangue venne rimosso chirurgicamente qualche mese dopo la l’accertamento clinico. A 17 anni gli venne diagnosticata anche un’insufficienza cardiaca ma nessuna delle anomalie riscontrate, così proveranno le indagini post-mortem, avranno inciso significativamente sulla condotta criminale.

Il matrimonio e gli affari

Dopo aver frequentato per quattro anni le scuole superiori, Gacy abbandona gli studi e si trasferisce a Las Vegas dove trova un impiego part-time come custode per il cimitero di Palm Mortuary. Ma la fortuna non è dalla sua parte e i soldi non bastano per assicurarsi l’indipendenza dalla famiglia. Così decide di fa ritorno nella città natale. Durante i primi anni ’60 si iscrive al college conseguendo una laurea a pieni voti in economia e commercio. Gacy ha uno spiccato talento per le vendite tanto che, nel giro di pochi mesi, viene assunto come apprendista manager in un rinomato negozio di scarpe nel centro di Chicago, il Nunn Bush Shoe & Co. Apprezzato per le sue notevoli abilità imprenditoriali, viene trasferito a Springfield dove gestisce con successo un negozio di abbigliamento maschile per conto dell’azienda.

Nel marzo del 1964 Gacy comincia a frequentare la giovane Marlynn Myers, figlia di un rinomato imprenditore nel settore della ristorazione. La coppia convola a nozze in tempi record e dalla loro unione nascono due bambini, Michael e Christine. Intanto, anche la carriera decolla rapidamente. Nel 1966, il suocero offre a Gacy l’opportunità di dirigere tre ristoranti fast food della catena Kentucky Fried Chicken di cui è proprietario a Waterloo, nello stato dell’Iowa. La proposta è molto vantaggiosa: 15.000 dollari all’anno più una lauta percentuale sui profitti. Gacy accetta senza indugi e, dopo aver frequentato un corso di formazione manageriale, si trasferisce con la moglie nella Contea di Black Hawk. Lavora sodo e si prodiga come benefattore per la comunità in cui è stato accolto. Diventa un apprezzato attivista politico, “Man of the year” (uomo dell’anno) per un’associazione no profit: va tutto a gonfie vele. La sua vita sembra aver preso una piega inattesa, una svolta felice. Ma è proprio quando ha raggiunto l’apice del successo che comincia la repentina discesa agli inferi.

Il primi stupri e la condanna per sodomia

Nell’agosto 1967, John Wayne Jr commette la sua prima aggressione sessuale ai danni di un adolescente. Si tratta del 15enne Donald Voorhees, figlio di un caro amico di famiglia. Il ragazzo viene attirato in casa con la promessa mendace di vedere film pornografici, ma in realtà le intenzioni di Gacy sono ben altre. Dopo averlo stordito con dei cocktail, lo costringe a praticargli una fellatio. Il giovane, reso completamente inerme attraverso l’assunzione di alcol, subisce l’abuso in silenzio. Dopo circa un anno, nel marzo 1968, a seguito della confessione di Donald Voorhees sull’accaduto, Gacy viene arrestato con l’ipotesi di reato per molestie sessuali. A dicembre dello stesso anno, incassa una condanna per sodomia a 10 anni di reclusione da scontare nel penitenziario maschile di Anamosa. Intanto la moglie Marelynn chiede il divorzio e ottiene che il coniuge venga rimosso dall’incarico di direttore dei ristoranti di famiglia.

In prigione Gacy si rivela un detenuto modello tanto da guadagnarsi in tempi bevi 12 mesi di libertà condizionata. Dopo il rilascio definitivo nel giugno del 1971, decide di far ritorno nella città natale dove ottiene un lavoro come aiuto cuoco in un ristorante. Con il supporto finanziario di sua madre, Gacy compra una casa al numero 8213 di West Summerdale Avenue dove andrà a vivere con la neo sposa, Carole Hoff, una donna divorziata con due figlie. Ma il matrimonio naufragherà dopo soli 3 anni e quell’adorabile villetta si trasformerà in un cimitero per adolescenti.

La doppia vita di Gacy: “Pogo the clown”

Nel 1972, Gacy lascia il lavoro come cuoco e mette in piedi una impresa edile, la Pdm Contractors (Pdm era l’acronimo delle parole “Painting, Decorating and Maintenance” cioe pittura, decorazione e manutenzione). Inizialmente l’azienda si occupa di piccoli lavori di manovalanza e riparazione, ma con il progredire degli affari il business si amplia fino a includere progetti e opere di costruzione vere e proprie. John Wayne jr rinasce per la seconda volta come imprenditore di successo e benefattore. Tra i vari impegni che assume in ambito sociale, diventa membro di un’associazione che organizza feste d’intrattenimento per bambini. Indossa sovente un costume da pagliaccio durante le esibizioni: “Pogo the clown”, è questo il nome d’arte che sceglie per le performance da patch. Ma dietro quel sorriso facile, John Wayne Gacy Jr nasconde il ghigno sadico di un assassino spietato.

“Gacy era un imprenditore di successo, benefattore pubblico ma anche un feroce assassino – spiega il criminologo Silvio Ciappi – Questo è il frutto di quel fenomeno che in psicoanalisi si chiama dissociazione. L’essere umano ha la tendenza a dimenticare le esperienze traumatiche vissute nel corso della propria infanzia perché avrebbe un costo enorme trascinarsele dietro. Salvo che poi queste, come nel caso di Gacy, possono riaffiorare sotto forma di agiti violenti dei quali si perde la traccia, la motivazione. Ed è il motivo per cui ha mietuto così tante vittime”.

Il significato della maschera da pagliaccio

Gacy sviluppa una vera e propria ossessione per i clown tanto da riproporli come soggetti esclusivi nei quadri che dipingerà nei 14 anni trascorsi nel braccio della morte. Ma perché sceglie proprio i clown? Quale significato ha la maschera da pagliaccio? “Il clown è l’effetto di uno sdoppiamento tra una parte infantile e una adulta. – spiega Silvio Ciappi – La maschera del pagliaccio è inquietante, nasconde in sé un velo di tristezza. Un sorriso che, al contempo, è un ghigno. Indossando la maschera del clown, Gacy dà una seconda chance a quel bambino tradito, non ascoltato, vilipeso. Un adulto competente che nasconde un’altra faccia, quella del bambino vittima che vuole riprendersi una rivincita sul suo passato”.

Segue lo stesso filone interpretativo anche la disamina del professor Vincenzo Mastronardi, direttore della cattedra di Psicopatologia forense all’Università di Roma La Sapienza. “Il clown esibisce una personalità diversa da quella reale. – spiega l’esperto – John Wayne Gacy doveva camuffare la sua vera identità, un classico delle persone che non hanno avuto la possibilità di autoverifica della propria autostima durante l’infanzia. Il percorso di evoluzione in John si è fermato alla fase preconvenzionale, non si è evoluto nell’età emotiva-affettiva (che non corrisponde a quella cronologica) ed è per questo che, in buona sostanza, è rimasto un bambino con le sembianze di un adulto”.

Gacy, il “killer clown” di 33 adolescenti

Nel dicembre del 1978, la polizia registra la scomparsa di un adolescente, Robert Piest, impiegato in una farmacia di Des Plaines. Gacy è l’ultima persona con cui il sedicenne ha avuto contatti ed è per questo motivo che finisce prontamente nel mirino degli investigatori. Attraverso una serrata attività di indagine, gli agenti scoprono che su di lui grava una precedente condanna per sodomia. Insospettiti dalla macabra scoperta, danno seguito immediato a un mandato di perquisizione nell’abitazione al civico 8213 di West Summerdale Avenue. Entrati nell’appartamento, vengono attirati da un olezzo insolito proveniente dal piano seminterrato: è l’odore della morte, di quei 29 cadaveri che Gacy ha seppellito sotto la superficie della sua casa in ben 7 anni di prolifica attività omicidiaria.

Messo alle strette, il killer clown ora non può che confessare: “Ci sono almeno altri quattro John sepolti lì sotto”, dirà alla polizia. Ma perché sceglie di seppellire le vittime proprio al di sotto della sua abitazione? “Sono coppe, ricordi o anche moniti. Trofei da mostrare a se stesso, per ricordare a se stesso di aver ucciso le sue tendenze bisessuali. I killer portano sempre con loro dei ricordi delle vittime, sono come medagliette al petto. – spiega Silvio Ciappi – Si tratta di delitti che hanno un forte valore simbolico, oltre a procurare il soddisfacimento immediato di una pulsione profonda”. Ci sono altri 5 ragazzi, tutti in età compresa tra i 16 e i 22 anni, che John ha violentato e i cui corpi sono stati scaricati nel fiume Des Plaines dopo aver subito atroci barbarie.

Vittime accertate di Gacy, con data di scomparsa

Timothy McCoy, 18 anni, 3 gennaio 1972
John Butkovitch, 17 anni, 21 luglio 1975
Darrell Sampson, 18 anni, 6 aprile 1976
Randall Reffett, 15 anni, 14 maggio 1976
Sam Stapleton, 14 anni, 14 maggio 1976
Michael Bonnin, 17 anni, 3 giugno 1976
William Carroll, 16 anni, 13 giugno 1976
Rick Johnston, 17 anni, 6 agosto 1976
Kenneth Parker, 16 anni, 25 ottobre 1976
Michael Marino, 14 anni, 25 ottobre 1976
Gregory Godzik, 17 anni, 12 dicembre 1976
John Szyc, 19 anni, 20 gennaio 1977
Jon Prestidge, 20 anni, 15 marzo 1977
Matthew Bowman, 19 anni, 5 luglio 1977
Robert Gilroy, 18 anni, 15 settembre 1977
John Mowery, 19 anni, 25 settembre 1977
Russell Nelson, 21 anni, 17 ottobre 1977
Robert Winch, 16 anni, 10 novembre 1977
Tommy Boling, 20 anni, 18 novembre 1977
David Talsma, 19 anni, 9 dicembre 1977
William Kindred, 19 anni, 16 febbraio 1978
Timothy O’Rourke, 20 giugno 1978
Frank Landingin, 19 anni, 4 novembre 1978
James Mazzara, 21 anni, 24 novembre 1978
Robert Piest, 15 anni, 11 dicembre 1978

Vittime non identificate

Otto delle vittime di Gacy non sono state ancora identificate. Si ritiene inoltre che potrebbero esserci stati altri adolescenti, mai trovati, sepolti in altri luoghi. La nona vittima non identificata, fascicolo 959UMIL (Fbi) è stata identificata nel giugno 2007 come Timothy McCoy del Nebraska.

Modalità di esecuzione

Dagli elementi incriminanti raccolti sulla scena del delitto, è certo che John Wayne Gacy legasse le sue le sue vittime con un corda, salvo poi violentarle e soffocarle con un calzino infilato nella gola. “Uccide con strangolamento e armi da taglio. – spiega lo psicopatologo Mastronardi – Gacy non stabilisce alcuna empatia con le vittime, per lui sono solo oggetti, strumenti utili al compiacimento personale. Rientra, relativamente alla classificazione dei serial killer, tra quelli che uccidono per esercitare il controllo del potere sugli altri. Ed è in questa dinamica che ritorna l’ombra del rapporto turbolento con il padre, di quella mancata possibilità di verifica dell’autostima. Si tratta di un estremo meccanismo di difesa, per dare prova a se stesso di essere in grado di fare ciò che ha fatto il padre. Tanto per semplificare, il senso è ‘se papà picchiava, allora posso farlo anche io’, non sono un buono a nulla’”.

Interessante anche l’interpretazione che dà il dottor Cioppi. “Gacy, ogni volta che commette uno stupro-omicidio, uccide l’ombra di se stesso.- spiega il criminologo senese – Si indirizza verso vittime maschi perché, in termini più astratti, uccide il monito del padre quando gli diceva che da adulto sarebbe diventato omosessuale. Wayne è, in fondo, un bambino aggressivo che non è mai cresciuto, quel clown cattivo”.

La personalità di John Wayne Gacy attraverso l’analisi grafologica

Il professor Vincenzo Mastronardi, grafologo forense di conclamata fama, ha avuto la possibilità di esaminare la grafia di John Wayne Gacy e, insieme alla dottoressa Monica Calderaro (grafologa), ne ha definito il profilo criminale. “Gacy rientra tra i serial killer del ‘Controllo del Potere’, – spiega – caratterizzato da forte spinta aggressivo-compulsiva, che non riusciva a controllare con conseguente discontrollo degli impulsi. Interessante quanto emerso dalla grafia che evidenzia ‘non identità’ tra testo e firma, tipico segnale di allarme in questi casi dove il tratto distintivo è quello di esibire una personalità diversa da quella reale. L’esagerata inclinazione della scrittura, fino a schiacciarsi e a diventare oscura, delinea un comportamento imprudente verso l’altro che non conta nulla se non come strumento per i propri fini. La firma molto lanciata esageratamente grande e sottolineata traccia un profilo narcisista e aggressivo confermato dalla punteggiatura grande e distaccata dal testo (virgole). Evidenzia inoltre problematiche nella sessualità rifiutata e rivolta solo al predominio sull’altro, a causa di paure e insicurezze di fondo che teneva ben occultate. Come personalità, si avvicina più a Bundy e meno a Dahmer, anche se rispetto a quanto commesso non evidenzia alcun pentimento, anzi vi fornisce una personale spiegazione”.L’immagine è protetta da Copyright ©

La morte del “killer clown”

Dopo un processo cominciato nel febbraio 1980, il 13 marzo dello stesso anno John Wayne Gacy viene riconosciuto colpevole di omicidio plurimo e condannato a morte. “L’unica cosa di cui sono colpevole è di aver gestito un cimitero senza licenza”, commenta dopo aver incassato le pesanti accuse. “Non mostra alcun risentimento o dispiacere per ciò che ha fatto. – spiega il dottor Ciappi – Sostanzialmente perché è un sociopatico e non ha alcuna considerazione delle vittime, dopotutto sono solo degli strumenti utili al soddisfacimento del suo piacere”.

Successivamente alla sentenza di colpevolezza, il condannato viene trasferito nel Menard Correctional Center di Chester, recluso nel braccio della morte per ben 14 anni. Durante questo periodo dipinge quadri in cui i soggetti sono quasi sempre dei clown. “La creatività sta nel medesimo luogo in cui si trova la fantasia del bambino vilipeso che lui ha sublimato, in questo caso specifico, attraverso la pittura. – continua il criminologo – Fosse stato un omosessuale che dipingeva quadri, senza subire il senso di colpa paterno, avrebbe risparmiato la vita a un sacco di persone”. Nell’estate del 1984, la Corte Suprema dell’Illinois stabilisce che il condannato sarà messo a morte il successivo 14 novembre. John Wayne Gacy viene giustiziato il 10 maggio 1994 per mezzo di un’iniezione letale endovenosa, pochi minuti dopo la mezzanotte, presso la Stateville Prison di Joliet, nello stato dell’Illinois. “Kiss my ass” (baciatemi il c*lo), è la sua ultima dichiarazione prima di gettare per sempre la maschera da clown. Forse.

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