Il “collasso” del governo: come può esplodere tutto

Frecciate, interviste in cui vengono espresse posizioni diametralmente opposte, concessioni ad alcuni e chiusure nei confronti di altri, Giuseppe Conte è sempre più costretto a tenere il piede in due staffe per non rischiare di cadere fragorosamente e lasciare il governo.

Epicentro del terremoto scatenato da Matteo Renzi è la oramai celebre questione della cosiddetta task force, che Giuseppi aveva ipotizzato di costituire per gestire i progetti dei fondi relativi al Recovery Fund, e che secondo l’ex sindaco di Firenze avrebbe finito col prevaricare le istituzioni. L’ascia di guerra che aveva scatenato l’ennesimo vento di crisi è stata temporaneamente seppellita grazie al passo indietro fatto da Giuseppi, che ha dovuto cedere alle richieste di Italia Viva. Fa sorridere, tuttavia, il fatto che il sedicente avvocato del popolo sia arrivato ad affermare che questa fantomatica task force non sia neppure mai esistita. “La task force, diciamo la struttura centralizzata che avrebbe sopravanzato i ministeri, che avrebbe eliminato, prevaricato le prerogative, quella task force è stata superata perché non é mai esistita”, ha dichiarato infatti il premier nel salotto di Porta a Porta. Un progetto che in realtà lui stesso aveva illustrato ai vari ministri dell’esecutivo via mail circa una decina di giorni fa.

Nessun dietrofront, invece, per quanto riguarda la questione della gestione dell'”intelligence“. Stavolta l’invito di Matteo Renzi viene rispedito al mittente. “La legge sui servizi segreti attribuisce al Presidente del Consiglio la responsabilità politica, giuridica e anche addirittura operativa per quanto riguarda l’intelligence. Io anche avvalendomi di una mera facoltà di nominare l’autorità delegata non posso sottrarmi alle responsabilità”, spiega ancora Conte durante l’intervista. Il premier non è quindi intenzionato a costituire un’autorità delegata, via già percorsa da Gentiloni durante il suo governo. “Stabilire una struttura bicefala sarebbe una grave compromissione dell’operatività del comparto”, si è giustificato il presidente del Consiglio.

“Non dico che la crisi non c’è stata”, ha poi aggiunto Conte sulle difficoltà evidenti del governo,”ma che non è mai stata nelle mie mani. Se le forze politiche mi chiedono di fare un rinnovamento della squadra se ne parla, ma nell’incontro di qualche giorno fa tutti quanti mi hanno ribadito che non c’è questa necessità”. Dunque nessun rimpasto.

Tra l’altro lo stesso Franceschini aveva già ribadito qualche giorno fa che dopo il Giuseppi II potevano esserci solo le urne. L’ex sindaco di Firenze aveva mal digerito quell’uscita, e risposto a tono:”Se qualcuno pensa di minacciare il voto è sbagliato, in democrazia il voto non è una minaccia. Franceschini è il ministro della Cultura, si occupasse dei teatri chiusi. È il ministro del Turismo, si occupasse degli alberghi. Il presidente della Repubblica non è Franceschini ma Sergio Mattarella”.

Anche sul Mes c’è poca chiarezza, visto che lo stesso Giuseppi parla dei forti rischi di accumulo di ulteriore debito pubblico, ennesima minaccia ai risparmi degli italiani.”Per quel che riguarda il MES ho già chiarito che se attivarlo o meno è prerogativa del Parlamento. Tuttavia, accettare i 36 miliardi ci porterebbe ad accumulare deficit e ricadrebbero sul debito pubblico che è consistente”. Di opinione diametralmente opposta il titolare del Mef Roberto Gualtieri.”È utile perché fa risparmiare interessi”.

Tensioni anche coi CinqueStelle per quanto riguarda la Tav. I grillini in commissione trasporti hanno votato contro la posizione espressa dall’esecutivo. Sono serviti i voti delle opposizioni per permettere a Conte di riprendere i lavori dopo due anni di stop. Quello che Osvaldo Napoli ha definito “il collasso dalla maggioranza alla Camera”, come riferito da Il Messaggero, ha spinto lo stesso Renzi ad affondare contro i pentastellati, che “devono mettersi d’accordo con se stessi, non con me”.

Anche il Pd, che per ora non spinge il piede sull’acceleratore della crisi di governo, mostra insofferenza. Prima Orlando esclude che possano essere i Dem a far cadere Giuseppi, poi però spiega che serve un salto di qualità nel lavoro di Conte. Tutto e il contrario di tutto. La carne al fuoco è tanta, il premier continua a traballare ma non cade.

il giornale.it

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