Monsignor Viganò contro il presepe in piazza San Pietro: “Una mostruosità bergogliana”

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò non difetta certo di schiettezza. E così tra una lettera a Trump e una riflessione sul Grande Reset, l’ex nunzio apostolico degli Stati Uniti ha trovato anche il tempo per commentare l‘orribile presepe presente in piazza San Pietro di quest’anno. Se l’aspetto mostruoso di tale opera era già stato colto dalla stragrande maggioranza dei fedeli, monsignor Vigano ha arricchito il dibattito analizzando il significato più profondo del presepe “simbolo della chiesa bergogliana”. Una riflessione che spazia in scioltezza dalla chiesa post conciliare fino al “transumanesimo del nuovo ordine mondiale”.

Il presepe di San Pietro “poche orribili statue”

“Al centro di Piazza San Pietro troneggia una tensostruttura metallica, frettolosamente decorata con una luce tubolare, sotto la quale si ergono, inquietanti come totem, poche orribili statue che nessuna persona dotata di senso comune oserebbe identificare con i personaggi della Natività. Lo sfondo solenne della facciata della Basilica Vaticana aumenta l’abisso tra le armoniose architetture rinascimentali e quella indecorosa parata di birilli antropomorfi”, scrive monsigor Viganò, che parla di “atroci manufatti siano il frutto di studenti di un oscuro Istituto d’Arte abruzzese”. Per Viganò le opere del presepe di piazza San Pietro si inseriscono nel filone di quell’arte moderna “partorita da menti malate a cavallo tra gli anni sessanta e settanta”.

Viganò contro l’arte postconciliare 

Il presepe di quest’anno è stato preceduto “da quello altrettanto sacrilego del 2017, offerto dal santuario di Montevergine, meta di pellegrinaggi della comunità omosessuale e transgender italiana”. Tornando alla rappresentazione della natività attualmente esposta in piazza San Pietro – realizzata da un istituto d’arte di Castelli in provincia di Teramo a cavallo tra gli anni sessanta e settanta – Viganò punta il dito contro lo spirito postconciliare. “Non è un caso se gli anni in cui questo presepe è stato realizzato sono gli stessi in cui il Concilio Vaticano II e la messa riformata videro la luce: l’estetica è la medesima, e medesimi sono i principi ispiratori. Perché quegli anni rappresentarono la fine di un mondo e segnarono l’inizio della società contemporanea, così come con essi iniziò l’eclissi della Chiesa Cattolica per cedere il posto alla chiesa conciliare”.

Non chiamatelo presepe

“Il risultato di quell’esperimento pseudo-artistico”, prosegue Viganò tornando ad analizzare il presepe in piazza San Pietro, “è un orrore tanto più raccapricciante, quanto maggiore è la pretesa che il soggetto rappresentato sia la Natività. L’aver deciso di chiamare “presepe” un insieme di mostruosi figuri non lo rende tale. L’istintiva repulsione che suscita questo presepe e la vena sacrilega che rivela costituiscono il simbolo perfetto della chiesa bergogliana. E forse proprio in questa ostentazione di sfrontata irriverenza verso una tradizione secolare tanto cara ai fedeli e ai piccoli, si può comprendere quale sia lo stato delle anime che lo hanno voluto lì, sotto l’obelisco, come una sfida al Cielo e al popolo di Dio. Anime senza Grazia, senza Fede, senza Carità”.

Transumanesimo e Nuovo ordine mondiale

L’ex nunzio apostolico conclude in un crescendo scomodando concetti come “transumanesimo” e “Nuovo ordine mondiale”. “Questa mostruosità irriverente è il marchio della religione universale del transumanesimo auspicato dal Nuovo Ordine Mondiale; è l’esplicitazione dell’apostasia, dell’immoralità e del vizio, della bruttezza eretta a modello. E come tutto ciò che viene costruito dalle mani dell’uomo senza la benedizione di Dio, anzi contro di Lui, è destinato a perire, a scomparire, a sgretolarsi. E questo avverrà non per l’avvicendarsi al potere di chi ha gusti e sensibilità diverse, ma perché la Bellezza è necessaria ancella della Verità e della Bontà. Così come la bruttezza è compagna della menzogna e della malvagità”.

Davide Romano

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