Padova, ma quale aggressione omofoba: tutti condannati per rissa, anche i due gay

Nemmeno stavolta – come sempre più spesso accade – si è trattato di aggressione omofoba: la rissa avvenuta a Padova il 18 settembre scorso che aveva fatto scattare l’ennesimo «allarme omofobia» non è stata nient’altro che un pestaggio reciproco. I due gay coinvolti avevano subito gridato «al lupo al lupo», in un goffo tentativo di vittimizzazione e cercando di addossare ogni responsabilità agli altri partecipanti per le solite note «motivazioni di odio». Nessuna vittima, tutti responsabili e indagati per rissa, compresa la coppia di omosessuali.

Nessuna aggressione omofoba 

Sono sette i giovani destinatari di un decreto penale di condanna perché coinvolti nel pestaggio avvenuto a fine estate in centro storico a Padova. Si tratta di sei padovani e un veneziano. Inizialmente rubricato dalla stampa e dalle beghine progressiste come «agguato omofobo» dal momento che due dei partecipanti sono gay e a quanto pare poco prima della rissa si erano scambiati un bacio, con il passare delle settimane è emersa la verità. Sono tutti egualmente colpevoli, l’omofobia non c’entra. 

Al lupo, al lupo 

I fatti risalgono al 18 settembre. Due gruppi di giovani, complice l’alcol, si erano scontrati prima a parole e poi a colpi di pugni e bottiglie sotto palazzo Moroni. Quella sera erano state denunciate cinque persone ma il giorno dopo la coppia di omosessuali formata da Marlon Landolfo (21 anni di Mestre) e Mattias Fascina (26 anni di Padova), entrambi protagonisti delle violenze, aveva diffuso un video, diventato immediatamente virale, in cui raccontavano di essere stati vittime di un’aggressione omofoba. In loro difesa si erano scapicollati politici e personaggi dello spettacolo, arrivando persino a organizzare una grande manifestazione di piazza contro l’odio. Finché non è emersa la verità.

“Non abbiamo visto i due baciarsi”

Vagliando attentamente le immagini delle telecamere di videosorveglianza e ascoltando le diverse testimonianze, le forze dell’ordine sono risalite alle vere motivazioni del pestaggio. L’ipotesi dell’omofobia era del resto tramontata subito, come confermato anche dal racconto, riportato dal Corriere del Veneto, di due dei cinque accusati di omofobia: «Stavamo festeggiando il compleanno di un’amica, avevamo bevuto, camminando abbiamo incontrato questi ragazzi che non sapevamo essere omosessuali e uno di loro ha fatto una battuta per una felpa. Da lì sono iniziate alcune schermaglie verbali, ma nessuno ha fatto allusioni sui gay. Anzi, dal nulla uno di loro ci ha urlato “omofobi”. Per altro noi non abbiamo visto i due baciarsi, quindi come potevamo sapere che fossero omosessuali».

Cristina Gauri

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