Coronavirus, ristoratore milanese: “Farò causa a Conte. Ho aperto a fine 2019, come sono stato fregato dallo Stato”

Marco Bedolo e Michela Fino hanno dovuto già mettere in vendita il loro bar tavola fredda a Milano, dopo aver perso, in otto mesi, qualcosa come 90-100mila euro, tutti i risparmi di famiglia. Il motivo? Hanno aperto nel novembre 2019. E ad aziende come la loro l’esecutivo non ci aveva pensato. “Abbiamo preso solo i 600 euro”, dice Marco al Giornale,  con 8mila euro mensili di spese fisse, tra bollette, due dipendenti da pagare più un affitto a crescere, da 3mila euro al mese più Iva.

“Avevo gestito un ristorante a piazza Navona e uno a Trastevere a Roma, un altro qui a Milano”, spiega. Un investimento totale, circa 300mila euro, una settantina dei quali con mutuo bancario. “All’improvviso arriva il primo lockdown e la promessa dei risarcimenti. Scopriamo che a noi non spetta nulla, tranne un credito d’imposta sull’affitto per il mese di marzo. Noi lavoriamo con materia fresca, facciamo panini, tartare di carne, pesce e siamo così costretti a buttare via tutto”. L’apertura recente infatti preclude pure il prestito garantito dallo Stato, i famosi 30mila euro. Poi con il secondo lockdown la chiusura definitiva. Anche stavolta il governo si è ricordato di indennizzarli. “Faremo causa allo Stato”,  annuncia il loro penalista Fabio Schembri: “Il governo deve loro un indennizzo”. 

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