Ora Soros rilancia i diktat dell’Ue contro Ungheria e Polonia

 Nella “corsa alle accuse” a carico di Ungheria e Polonia, sviluppatasi negli ultimi giorni ad opera dell’Unione e di molti suoi adepti negli Stati membri, si è recentemente aggiunto George Soros grazie ad un articolo decisamente accusatorio pubblicato su Project Syndicate. Non stupisce l’accanimento del magnate contro la sua Nazione di origine dal momento che si attesta su posizioni ideologiche diametralmente opposte e concorrenti, le quali identificano nell’individualismo di stampo liberticida l’unica soluzione ad una visione tradizionalista e conservatrice come quella di Orban e Kaczynski.

L’attacco sconclusionato di Soros

L’intervento di Soros parte da una contraddizione di fondo secondo la quale l’Ue dovrebbe aprioristicamente far valere i suoi presunti diritti a scapito di un qualsiasi Stato – teoricamente sovrano – facente parte dell’Unione stessa: “Sebbene i due paesi siano i maggiori beneficiari di questi fondi, i loro governi si oppongono alla condizionalità sul rispetto dello stato di diritto che l’Ue ha adottato su richiesta del Parlamento europeo. Consapevoli di violare lo stato di diritto in modo eclatante, non vogliono pagarne le conseguenze”. Il discorso sopracitato fa un riferimento implicito all’Articolo 2 del TUE – Trattato sull’Unione Europea – dove si puntualizza l’importanza dei diritti umani in riferimento alle minoranze, qualsiasi esse siano; quindi, soltanto apparentemente, il discorso di George Soros potrebbe trovare giustificazioni empiriche nei trattati che fondando l’Ue stessa dimenticando che, in questo caso, si sta sviluppando de facto un ricatto ai danni di Ungheria e Polonia, due Nazioni sovrane che hanno il pieno diritto di gestire la loro politica sociale interna come meglio credono.

La sfida tra Soros e Ungheria ha diversi precedenti

L’attacco del magnate ha, ovviamente, diversi precedenti – tra i quali ricordiamo la recentissima chiusura della sua Central European University (CEU) di Budapest – spostatasi poi a Vienna, dove George Soros si proponeva di insegnare i “sacri” valori dell’europeismo di stampo globalista ai giovani ungheresi e non. La chiusura dell’università targata Soros è stata conseguente ad una legislazione, introdotta in Ungheria nel 2017, per la quale le università straniere avrebbero dovuto stringere un accordo internazionale tra Budapest ed il Paese di origine dell’ateneo stesso al fine di permanere in terra ungara. Lo smacco di Orban al magnate, prontamente accusato da Juliane Kokott – avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue – e da tutta la platea dei burocrati europei, non è altro che un singolo episodio a conferma dell’astio vicendevole che scorre tra Soros e le alte cariche dello Stato sovrano ungherese, che lo identificano come nemico numero uno.

La contraddizione in essere dell’Ue

Il discorso di Soros rivolto all’Unione Europea, terminato affermando che la guerra ad Orban e Kaczynski “sarà decisiva per la sua sopravvivenza come società aperta fedele ai valori su cui è fondata”, incarna perfettamente l’implicita incoerenza permanente che si cela dietro ai diktat dell’Unione di cui l’Italia fa parte. Da un lato si impegna al mantenimento delle diversità culturali esistenti nelle realtà che ancora oggi coesistono in Europea, mentre dall’altro si permette di giudicare aprioristicamente l’operato e la politica estera ed economica di un gruppi di Nazioni che, comunque, sono e rimarranno sempre sovrane e autonome nel loro potere decisionale. L’abuso dell’Articolo 7 del TUE, che concede all’Ue di rivolgere “appropriate raccomandazioni” ai Paesi membri in cui esiste “un evidente rischio di violazione grave dei principi fondamentali”, si configura infatti come un tentativo di pesante intromissione dell’europarlamento negli affari di Stato di Ungheria e Polonia, delegittimandole de facto del sacrosanto titolo di Nazioni sovrane.

Giacomo Garuti

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