Esiste un nemico peggiore del Covid-19: si chiama liberismo

Siamo tutti vittime del coronavirus: alcuni di noi hanno perso il lavoro, altri amici e parenti, altri ancora la salute, sicuramente questa pandemia tanto improvvisa quanto drammatica ha segnato nel profondo ognuno di noi. Tuttavia il Covid-19 non è il nemico peggiore che stiamo affrontando.

Una classe politica incerta e confusa non ha mancato di fornire segnali contrastanti, usando il bastone e la carota più a caso che seguendo un filo logico e razionale. Tutti noi ci siamo ritrovati senza certezze, spesso abbandonati a noi stessi e alle nostre paure: il coronavirus ha messo a nudo la nostra fragilità fisica, psichica ed economica. Ma forse, proprio nel mezzo della tempesta, è giusto provare a mettere a fuoco i motivi che ci hanno fatto arrivare a questa enorme sfida tanto impreparati.

Le colpe dell’Europa di fronte al Covid-19

Anni di privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica ci hanno reso vulnerabili fisicamente: la prima ondata del virus ha travolto il Servizio Sanitario Nazionale come uno Tsunami e solo grazie agli sforzi immani degli operatori sanitari – peraltro duramente colpiti – e della popolazione nel suo complesso che si è dimostrata più paziente del previsto, siamo riusciti in qualche modo a limitare i danni.

Ma lo sforzo di tutti è stato reso inutile, da un lato per colpa della marcata incapacità di programmazione da parte di chi siede in parlamento, dall’altro per un evidente mancanza di fondi. Facile andare in televisione a promettere una fantomatica “potenza di fuoco”, quando si sa benissimo che le finanze sono bloccate per aver rinunciato alla sovranità monetaria e aver accettato supinamente, pur facendola passare come una grande vittoria, il progetto Next Generation EU i cui danari, sotto forma di prestiti, vedremo forse a partire dalla seconda metà del 2021.

Ovvio che per lo stesso motivo manchino i fondi per un vero e proprio sostegno all’economia: troppo scarsi e troppo tardivi i sussidi, elargiti spesso senza alcuna cognizione, equiparando categorie e soggetti economici ben diversi tra loro. Hanno ottenuto l’unico risultato di rendere ancora più pesante il bilancio pubblico e di far crescere l’indebitamento privato, costringendo attività a chiudere o a ipotecare il proprio futuro e lasciando nella disperazione migliaia di famiglie.

Un progetto chiaro

Era il 1971 e la moneta unica era ancora in fase embrionale quando l’economista ungherese Nicholas Kaldor, pubblicò un articolo profetico in cui affermava “un giorno le nazioni europee potrebbero essere pronte a fondere le loro identità nazionali e a creare una nuova Unione Europea. Ciò comporterà la creazione di una piena unione economica e monetaria. Ma è un errore pericoloso credere che l’unione monetaria ed economica possa precedere un’unione politica, in quanto il controllo comunitario sui bilanci nazionali genererà pressioni che porteranno al crollo dell’intero sistema, impedendo di fatto lo sviluppo di un’unione politica, non certo promuovendola”.

Sono in molti oggi a pensare che il progetto euro sia un sostanziale fallimento. In realtà l’euro sta facendo esattamente quello per cui era stato previsto: la valuta unica ha messo la politica monetaria fuori dalla portata dei politici, e senza la possibilità di una seria politica fiscale, l’unico modo per mantenere accettabili livelli di occupazione è stato quello di ridurre le regole nel mondo degli affari, aumentare le privatizzazioni e tagliare la spesa pubblica. Azioni le cui conseguenze sono tristemente evidenti in questi giorni di sofferenza.

MES e Recovery Fund non sono altro che strumenti atti a perpetrare questa politica: soldi (pochi e prestati) in cambio di ulteriori concessioni di sovranità e indipendenza anche politica dei singoli Stati, ormai intrappolati nella macchina europeista.

La deriva liberista

Ma non possiamo dirci completamente esenti da colpe, tutti noi. Il modello liberista, unico valore riconosciuto da questa Unione Europea, sembra aver anestetizzato le genti. Siamo stati trasformati in un popolo di influencers e cantanti trap, di traders e affittacamere, di macchine sempre più grandi e visioni sempre più ristrette. Abbiamo permesso di svuotare le città dalle botteghe storiche, dagli artigiani, per riempirle di centri commerciali e riders che consegnano cibo a domicilio.

Si è persa la capacità e la voglia di produrre, di creare, di essere, per inseguire l’illusione di una vita di pura apparenza in costante transizione tra un aperitivo ed un altro. Il miraggio del denaro facile è stato spazzato via dal Covid-19, ma il nemico è più subdolo e profondo: si chiama liberismo, si chiama Unione Europea.

Claudio Freschi

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