La sanità di Zingaretti nel caos: “Ha sottovalutato i problemi”

Una ragazza si copre la testa con la giacca catarifrangente per ripararsi dalla pioggia. Lo sguardo stanco dietro la mascherina racconta delle ore passate ad aspettare che si liberi un posto letto per poter sbloccare il proprio mezzo.

È uno dei tanti soccorritori in coda all’esterno dell’ospedale Sant’Andrea di Roma. “Siamo qui dalle 11 di mattina”, si sfoga. Ma si ritiene fortunata: “Ci sono colleghi che aspettano qui fuori da oltre 24 ore”. Quella del blocco dei mezzi di soccorso è una delle facce dell’emergenza che ha travolto la sanità laziale. Le barelle vengono trasformate in posti letto e le ambulanze in luoghi di isolamento per i positivi, perché i reparti sono al completo.

Ambulanze Covid bloccate fuori dai pronto soccorso

Nei giorni scorsi l’assessore alla Sanità della giunta Zingaretti, Alessio D’Amato, aveva annunciato il raddoppio, entro la giornata di lunedì, dei posti letto dedicati ai pazienti Covid, portando il totale di quelli disponibili a 5310. Una misura che per ora non sembra aver dato i risultati sperati. Lunedì pomeriggio, infatti, i mezzi di soccorso in fila davanti all’ospedale Sant’Andrea erano decine.

“La seconda ondata? È decisamente peggiore della prima”, assicura un operatore con cui scambiamo due chiacchiere all’esterno del nosocomio. “Certo la situazione è leggermente migliorata rispetto ai giorni scorsi, quando di ambulanze in fila ad attendere la restituzione della barella ce n’erano almeno settanta, ma siamo ancora sotto pressione”, va avanti il ragazzo. “Ci vorrebbe un nuovo lockdown, è l’unica soluzione per allentare la pressione sul sistema”, dice convinto.

Per Alessandro Saulini, segretario del Nursind Ares 118, l’aumento dei posti letto annunciato dalla Regione è solo un “provvedimento tampone”. “Il blocco delle barelle nei pronto soccorso della Capitale continua, con decine di ambulanze che ogni giorno restano incolonnate per ore con la lettiga tramutata in un ‘comodo’ posto letto o addirittura con il mezzo stesso trasformato in camera di isolamento per i pazienti infetti”, denuncia il sindacalista che chiede “interventi immediati per garantire la pronta risposta del sistema di emergenza territoriale alle aumentate necessità”.

Ospedali al collasso

Anche la provincia di Roma è in sofferenza. Secondo fonti del Giornale.it, i blocchi vanno avanti anche all’ospedale di Palestrina, mentre in un ospedale dei Castelli si è già raggiunto il tutto esaurito nel reparto di rianimazione. Ma è in un’altra provincia, quella di Latina, che gli ospedali sono praticamente al collasso. “In questo momento all’esterno del pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria Goretti sono dieci le ambulanze bloccate con il paziente positivo a bordo, – ci dice al telefono Vinicio Amici, segretario regionale Confail Sanità e autista di ambulanza – il risultato è che non ci sono più macchine sul territorio: oggi un mezzo di soccorso di Cori è stato costretto ad intervenire a Terracina, coprendo una distanza di 70 chilometri”.

Fuori dagli ospedali pontini si può rimanere fino a diciotto ore dentro un’ambulanza. Tant’è che più di un paziente, raccontano gli operatori, ha chiesto di essere riportato a casa rinunciando alle cure. “L’ospedale – denuncia Amici – è saturo e noi siamo allo stremo”. Nei giorni scorsi il consigliere regionale della Lega, Angelo Tripodi, aveva denunciato come almeno cinquanta operatori del nosocomio del capoluogo pontino fossero risultati positivi al virus. “Sono tanti i colleghi che si infettano – ci conferma al telefono Amici – del resto, passare diciotto ore su un’ambulanza a contatto con un paziente positivo non fa che aumentare il rischio contagio”. La seconda ondata travolge il Lazio: “Positivi bloccati 18 ore in ambulanza”Pubblica sul tuo sito

La carenza di organico aggrava l’emergenza

Quello del personale resta un nodo cruciale per far fronte all’emergenza. Secondo Stefano Barone, segretario provinciale del Nursind, nonostante le assunzioni degli ultimi mesi nel Lazio servirebbero almeno 2.500-3mila infermieri in più. “Aumentano i posti letto, aumentano le terapie intensive, ma non c’è chi si occupa dei pazienti”, denuncia il sindacalista. “La Regione – accusa – si è mossa in ritardo, per non parlare del ministero della Salute”. “Del resto il ministro Speranza quest’estate ha impiegato il suo tempo a scrivere un libro sulle risposte del governo all’emergenza, forse – nota Barone – pensava che quella del Covid fosse una pratica archiviata”.

E invece la seconda ondata dell’epidemia ha travolto quasi tutte le regioni italiane. Anche il Lazio, che resta zona gialla ma potrebbe virare verso l’arancione proprio a causa dei disagi negli ospedali. “Vediamo quali saranno i numeri tra un paio di giorni, però, certo, questa è una delle possibilità”, commenta Angelo Tripodi, consigliere leghista alla Pisana, che denuncia i “ritardi della giunta Zingaretti”.

“La Regione ha sottovalutato il problema”

“Il problema è stato sottovalutato, ora l’assessore ci ha messo una toppa con l’aumento dei posti letto ma la situazione, soprattutto nella provincia di Latina, resta drammatica”, ci dice al telefono. Il problema, secondo Tripodi, è proprio nella mancanza di organizzazione. “Andava potenziata la rete della medicina territoriale, visto che un’ampia fetta di chi si reca al pronto soccorso ha sintomi lievi che potrebbero essere gestiti a domicilio con strumenti come il saturimetro o attraverso l’impiego della telemedicina”, chiarisce.

“Se il sistema sta reggendo – conclude – è solo grazie allo sforzo immane di medici, infermieri e soccorritori, che in queste ore stanno facendo turni massacranti”. Gli fa eco anche la collega di Fratelli d’Italia, Chiara Colosimo: “Il Lazio è arrivato impreparato alla seconda ondata, la pressione sulla rete ospedaliera è insostenibile e senza precedenti”. “La fotografia della nostra sanità è il cornicione del pronto soccorso dell’Umberto I che crolla – attacca – dentro il miglior personale possibile, fuori tutto cade a pezzi”.

il giornale.it

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