Svezia, l’epidemiologo Tegnell: “Qua mai imposto lockdown. E ora non c’è seconda ondata”

“Non abbiamo fatto il lockdown e oggi non dobbiamo fare i conti con la seconda ondata”. Parola di Ander Tegnell, epidemiologo direttore dell’Agenzia di sanità pubblica svedese e soprattutto ideatore della strategia soft con cui la Svezia ha affrontato l’emergenza coronavirus. Quando durante la primavera scorsa in Italia e progressivamente in quasi tutta Europa venne imposto il lockdown, la Svezia scelse di non chiudere. E’ cosa nota, il governo di Stoccolma evitò di bloccare le attività economiche, non vietò ai cittadini di uscire di casa e in generale puntò su misure lievi (in certi casi semplici raccomandazioni) per contenere i contagi. Una decisione, quella svedese, oggetto inizialmente di feroci critiche. Buona parte della stampa internazionale la stroncò senza mezzi termini e molti “esperti” paventarono scenari da incubo.

Nessun cambio di strategia

Eppure, nonostante questi strali, i dati ci dicono che in Svezia non si è verificata nessuna catastrofe sanitaria. Anzi, adesso che di nuovo in quasi tutte le nazioni europee aumentano vertiginosamente i casi di coronavirus e si adottano ancora una volta misure restrittive, il Paese scandinavo sembra reggere l’impatto senza troppi contraccolpi. Intervistato oggi dal Corriere della Sera, il direttore dell’Agenzia di sanità pubblica svedese, si dice sicuro della bontà del modello da lui voluto. “Una delle più grandi differenze rispetto agli altri paesi europei – ha dichiarato Tegnell – è che in Svezia non abbiamo fatto il lockdown e non abbiamo riaperto nemmeno dopo il nostro ‘lockdwon virtuale‘, abbiamo mantenuto le stesse misure per tutto il periodo e questo ha avuto l’effetto di contenere i contagi”.

“I contagi stanno rallentando”

Nello specifico, le autorità di Stoccolma hanno contato sinora 103mila casi di Covid in totale e poco meno di 6mila morti, a fronte di 10 milioni di abitanti. Nelle ultime settimane si è verificato, come un po’ ovunque in Europa, un incremento dei positivi rilevati anche in Svezia, ma non particolarmente allarmante. “Abbiamo avuto un aumento dei contagi, ma sta già rallentando– dice Tegnel – speriamo di poter controllare l’ondata che abbiamo e siamo fiduciosi di potercela fare”. In Italia però il paraocchi è piuttosto diffuso e c’è chi continua a condannare la strategia svedese, a prescindere dall’evidenza dei fatti. C’è poi chi fa notare, più sommessamente e senz’altro correttamente, che dovremmo considerare il rapporto tra contagi e numero di abitanti. A questa sin troppo ovvia osservazione, aggiungiamo pure che va tenuta di conto l’incidenza sugli ospedali e in particolare sulle terapie intensive. Bene, guardiamo allora i dati con il giusto criterio ed evitiamo pure di sbilanciarci sull’evoluzione dell’epidemia, il contrario insomma di quanto fatto da tanti strilloni allarmistici.

Quindicesima in Europa

A tal proposito è utile riportare quanto riferito oggi al Fatto Quotidiano da Gaetano Marrone, professore associato in Sanità globale del Karolinska Institutet di Stoccolma, uno dei più importanti istituti di ricerca in medicina del mondo. “In rapporto alla popolazione – dice Marrone – la Svezia è quindicesima in Europa per numero di contagi e settima per numero di morti. Ha avuto un approccio diverso da quello da altri Paesi, centrato su sostenibilità delle misure e responsabilità individuale. Ma al di là degli errori nelle case di riposo che sono stati la causa principale di questa alta mortalità, finora non c’è stata una particolare criticità nelle terapie intensive”.

Eugenio Palazzini

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