Sigonella, trentacinque anni fa l’ultimo impulso della sovranità italiana

Era l’ottobre del 1985 quando la base aeronavale militare di Sigonella, in Sicilia, fu teatro di una gravissima crisi diplomatica, forse una delle più grandi dell’Europa sin dalla fine della Seconda guerra mondiale. In effetti, questa crisi condizionò la politica interna italiana per gli anni a venire. Fu quasi scontro, infatti, tra le forze statunitensi e quelle italiane: Delta Force su uno schieramento, V.A.M. e Arma dei Carabinieri dall’altra.

La tragica vicenda dell’Achille Lauro

Tutto ebbe origine il 7 ottobre dello stesso anno, quando la nave da crociera Achille Lauro lasciò le acque egiziane per arrivare in territorio israeliano: finì sequestrata da un commando palestinese che chiedeva la liberazione di cinquanta prigionieri, detenuti in Israele, appartenenti a una frazione dell’O.L.P.,  l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Andreotti e Spadolini, all’epoca rispettivamente ministro degli Esteri e della Difesa, si attivarono immediatamente. Nel frattempo, i miliziani palestinesi dichiararono che avrebbero ucciso un passeggero ogni tre minuti se le loro richieste non fossero state esaurite: il primo a morire fu il cittadino statunitense Leon Klinghoffer, paraplegico, che fu poi gettato in mare.

Il miliziani arrivano a Sigonella

Il governo italiano era presieduto dal socialista Bettino Craxi, mentre negli Usa il presidente era Ronald Reagan; le istanze americane prevedevano l’uso della forza per sbloccare la situazione, mentre gli italiani erano disposti a trattare. La Achille Lauro tornò in Egitto, sotto spinta della stessa Autorità Palestinese: qui il governo fece in modo che  miliziani e rappresentanti palestinesi arrivassero a Tunisi, sede dell’Autorità Palestinese, su di un Boeing 747. Il governo americano non accettò questa presa di posizione e impose a tutti gli aeroporti circostanti di vietare l’atterraggio all’aereo. I caccia Usa dunque dirottarono il Boeing presso Sigonella.

Il passo indietro degli Usa

Fu lo stesso Craxi ad accettare l’atterraggio, ma a a patto che fosse poi lo Stato italiano a gestire il seguito. Per questo il Boeing della EgyptAir si posizionò sulla parte italiana della base. In breve tempo, militari italiani e statunitensi si trovarono sul posto. Gli americani esigevano di prendere in consegna i palestinesi, arrivando a spianare le armi contro i militari italiani. A loro volta, dunque, furono circondati dai carabinieri delle caserme di Catania e Siracusa. Tra Roma e la Casa Bianca si susseguirono frenetiche le comunicazioni ma, al dunque, gli americani dovettero rinunciare. I palestinesi vennero consegnati alle autorità italiane, e il comandante del Boeing ed un diplomatico egiziano lì presenta furono trasportati a Roma.

Un impeto che servirebbe ancor oggi

Craxi a Sigonella non fece altro che rendere meglio comprensibili agli americani che la sovranità nazionale non si piega agli interessi di un terzo straniero e che il diritto internazionale non è una mera chimera da sfruttare a proprio piacimento. E non è poco, se consideriamo il momento storico attuale, quando otto innocenti pescatori italiani sono trattenuti nelle carceri libiche da più di un mese senza alcun diritto e di fronte a una risposta inadatta del nostro governo e muscolare, invece, della Libia. Un impeto di orgoglio nazionale come quello di Sigonella è un esempio a cui guardare per il futuro.

Nadia Vandelli

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