Sequestrata (finalmente) Alan Kurdi, ora l’Ong attacca la Guardia Costiera: “Fa politica. Se ne frega dei migranti salvati”

Dopo il nuovo fermo amministrativo dell’Alan Kurdi, a causa delle numerose e reiterate irregolarità rilevate dagli ispettori della Guardia costiera a bordo dello scafo, ecco arrivare puntualmente le piagnose lamentele da parte della Ong tedesca Sea Eye, ovvero quella che finanzia le attività della nave nel mar Mediterraneo.

L’organizzazione, in occasione delle dichiarazioni ufficiali rilasciate nelle ore successive al blocco dell’imbarcazione, ha parlato esplicitamente di complotti politici e di accanimento, senza, evidentemente, prendere in considerazione il fatto che tali irregolarità fossero già state rilevate e contestate in occasione del primo fermo amministrativo della Alan Kurdi nel nostro Paese. Bisogna tornare indietro fino al 6 maggio del 2020, giorno in cui la nave fu segnalata per violazione delle norme di sicurezza a Palermo. Ciò nonostante, le autorità concessero all’equipaggio di riprendere il mare per raggiungere un cantiere navale in Spagna, nel quale si sarebbero dovute effettuare le modifiche necessarie per adeguarsi alla direttiva comunitaria 2009/16/Ec, recepita dall’Italia nel 2011. “Irregolarità che alla luce dell’ispezione odierna non risultano ancora rettificate”, aveva spiegato al termine dei controlli la Guardia costiera.

“È inaccettabile che l’Italia metta in dubbio la capacità delle autorità tedesche e spagnole di giudicare la sicurezza a bordo dell’Alan Kurdi”, ha attaccato il presidente della Sea Eye, la quale rientra nell’annovero delle cosiddette organizzazioni “no profit” e supporta economicamente le attività di recupero di “migranti” nel Mediterraneo.“È assurdo. I fermi delle navi di soccorso tedesche hanno motivi puramente politici”. Gordon Isler si gioca quindi la carta del complotto per spiegare dal suo personalissimo punto di vista i motivi che hanno spinto le autorità a fermare l’imbarcazione nel porto di Olbia.

“È già la seconda volta quest’anno”, dice il presidente e fondatore della Sea Eye, secondo cui già le autorità tedesche e spagnole avevano certificato la bontà delle condizioni di sicurezza a bordo dello scafo dopo la sosta obbligata in cantiere.

Affermazioni non proprio in sintonia con quanto rilevato dalla Guardia costiera ieri, ovvero una“consistenza dei mezzi collettivi ed individuali di salvataggio, certificati dallo Stato di bandiera, per 20 persone, a fronte di un numero notevolmente superiore di persone recuperate a bordo durante la sistematica attività di “ricerca e soccorso” svolta nel Mar Mediterraneo”. Nonostante che si pensi alla sicurezza dell’equipaggio e degli extracomunitari caricati a bordo della nave, il capitano di Alan Kurdi sfodera anch’egli la teoria del complotto: “Se tu fossi veramente preoccupato per la sicurezza delle persone che abbiamo salvato, non passeresti ore e ore a cercare modi per trattenerci in ogni occasione”, attacca Joachim Ebeling come riportato da AdnKronos. La Sea-Eye è pronta a presentare ricorso immediato contro quella che viene definita senza giri di parole “detenzione”.

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