Reddito di cittadinanza, la donna con un’azienda e 20 automobili che percepisce il sussidio M5s

Per l’Inps è senza un impiego e bisognosa di denaro. Per i carabinieri, che l’hanno pizzicata, è titolare di una ditta individuale e possiede non una, ma 20 fuoriserie. La quarantenne di Saonara, vicino Padova, fa scalpore, ma neanche poi tanto. È solo l’ultimo caso, in ordine di tempo, di reddito di cittadinanza erogato a piffero, sulla base di autocertificazioni false che nessuno controlla e nessuno verifica. Giuseppe Conte ieri ha fatto trapelare dalle pagine del Corriere della Sera che sulla paghetta grillina è finita la pacchia, ora si cambia tutto. 

Ha addirittura preteso che, dopo un anno e mezzo di inerzia totale delle politiche attive (il povero Pasquale Tridico è stato crocifisso per l’aumento di stipendio, ma il presidente dell’Anpal Mimmo Parisi prende 130mila euro l’anno più altri 130mila di rimborsi spese), qualcuno smetta di dargli risposte e gli presenti un sistema che funzioni, con una struttura informatica che metta in comunicazioni le 20 regioni, incentivi per le imprese diposte ad aiutare i navigator a trovare un’occupazione per i beneficiari del reddito e un applicazione web che unisca il tutto rendendo difficile, quasi impossibile rifiutare il lavoro. Subito? Tra una settimana? Macché, tra sei mesi. Avete capito bene. Dopo un anno e mezzo il presidente del Consiglio si è accorto che gli avevano raccontato un sacco di balle, che i centri per l’impiego non sono mai stati in grado, sin dall’inizio, di incrociare in maniera efficace domanda e offerta di lavoro, che il reddito di cittadinanza è diventato un regalo a farabutti e truffatori e invece di cacciare tutti a pedate, ha deciso di aspettare un altro mezzo anno per risolvere il problema. 

Nel frattempo, l’attività delle forze dell’ordine continua a sbatterci in faccia la realtà dei fatti. Non tutti i beneficiari del reddito grillino sono delinquenti, ci mancherebbe, ma da un po’ di tempo a questa parte sembra che tutti i delinquenti percepiscano il sussidio. Dopo i terroristi e i boss mafiosi, solo qualche settimana fa abbiamo visto centinaia di carcerati, chi ai domiciliari chi dietro le sbarre, ricevere tranquillamente l’assegno mensile. Qualcuno ha fatto addirittura richiesta direttamente dal penitenziario, facendosi letteralmente beffe degli uffici dell’Inps, che dovrebbero verificare almeno i requisiti formali di chi presenta domanda. Poi, come se non bastasse, si è scoperto (ma ci è purtroppo voluto un morto), che pure i 4 assassini del povero Willi, malgrado la bella vita ostentata sui social, campavano a spese dei contribuenti. Per accorgersi di quello che stava e sta accadendo non serviva un’indagine molto approfondita, bastava dare un’occhiata ai dati ufficiali. 

Il fallimento del reddito di cittadinanza come strumento per alimentare l’occupazione è stato certificato prima dell’estate dalla Corte dei Conti. I magistrati contabili si sono fatti due calcoli è hanno scoperto che «solo il 2% delle persone che hanno avuto il sussidio è riuscito a trovare un lavoro». Checché ne dica Parisi, che continua a spaccare il capello in quattro per dimostrare che le percentuali sono leggermente superiori, la sostanza è quella. Quanto ai furbetti, anche non volendo accogliere la tesi sostenuta dall’ex presidente dell’Inps, Tito Boeri, secondo cui c’è la quasi certezza che la metà dei beneficiari ha delle entrate in nero, dai dati diffusi dallo stesso istituto di previdenza emerge con chiarezza che effettuare i controlli è praticamente impossibile.Certo, ci sono centinaia di migliaia di richieste respine nella fase iniziale per mancanza dei requisiti formali necessari per essere ammessi al beneficio.

Lavoro che viene fatto in automatico dal software dell’Inps. Ma il frutto dei controlli, di cui si era tanto parlato durante l’incardinamento dello strumento, è quello confessato recentemente da Gianluca Castaldi, senatore M5S e sottosegretario per i Rapporti col Parlamento, nel tentativo di dimostrare la marginalità delle truffe: «Abbiamo revocato 8.200 redditi su un totale di quasi 2 milioni erogati». Si tratta di meno dello 0,5%. La tagliola dei 18 mesi, che ad ottobre costringerà circa mezzo milione di percettori a dimostrare nuovamente il possesso dei requisiti per riottenere il beneficio dopo un mese di pausa, potrebbe favorire un’altra scrematura. Poi, però, la giostra riparte. E i furbetti la faranno franca per un altro anno e mezzo. Situazione francamente insostenibile, considerato anche che, complice pure il Covid, la platea di chi vive a spese dei contribuenti è schizzata da gennaio del 25% raggiungendo i 3 milioni di persone. Conte pensa di cavarsela facendo un semplice tagliando. Il problema è che il suo progetto somiglia terribilmente a quello che i Cinquestelle ci avevano presentato all’inizio del 2019. Perché non è stato fatto allora e perché dovrebbe esserlo oggi è difficile da capire

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