Tecnologia e innovazione: così l’agricoltura italiana si rinnova

Con ben 31,9 miliardi di euro di valore aggiunto davanti a Francia (31 miliardi) e Spagna (26,5 miliardi), l’agricoltura italiana si conferma uno dei settori chiave dell’economia italiana. Il lavoro dell’intera filiera, tra imprenditori agricoli e addetti, svolge ancora oggi un ruolo fondamentale per l’occupazione e la crescita del prodotto interno lordo del Paese.

Tra le principali coltivazioni Made in Italy (prima per produzione a livello europeo) vi è anche il tabacco, pianta millenaria che dalle Americhe viene oggi coltivata in 8 regioni italiane, che ne producono circa 46.000 tonnellate l’anno, tra cui anche il Veneto.

Ed è proprio in Veneto, tra le tante aziende impegnate nella produzionetabacchicola italiana, che troviamo l’Azienda agricola Piccolboni, di cui è titolare Marco Piccolboni, che vanta un’esperienza decennale in ambito agricolo e che ha vissuto in prima persona il particolare momento attraversato dal Paese, dal lockdown alla riapertura.

Le trasformazioni del settore tabacchicolo

L’azienda Piccolboni si occupa principalmente di tabacco, oltre che di altre colture come pomodori e cereali. “Ho scelto di lavorare in questo settore per passione. Quando ho finito la scuola sono subito andato ad aiutare mio padre in azienda, e da lì è iniziato tutto. Stare a contatto con la natura e lavorare all’aria aperta mi ha appassionato. Ormai è da tanto che faccio questo mestiere e spero di trasmettere questa passione anche alle future generazioni”, ha spiegato il signor Piccolboni.

La filiera agricola tabacchicola ha subito delle trasformazioni in questi anni?

Le trasformazioni sono state molte se pensiamo che oggi, rispetto a quando ho iniziato questa attività nel 1986, è cambiato praticamente tutto, soprattutto l’attenzione alla sostenibilità ambientale. Faccio due esempi: l’irrigazione a goccia e la fertilizzazione. Entrambe non esistevano fino a poco fa e ci hanno dato molti vantaggi, tra cui la riduzione del consumo d’acqua e dell’uso di fertilizzanti. A partire dal 2012 inoltre, con l’intermediazione dell’Organizzazione Nazionale Tabacco (ONT), abbiamo iniziato una collaborazione con il gruppo Philip Morris. Lavorare con una realtà così grande e innovativa ti spinge ogni anno a testare nuovi metodi di produzione o, ad esempio, di tracciabilità del prodotto.

In un momento difficile come quello del Coronavirus, come è proseguito il rapporto Coldiretti e con Philip Morris?

Devo dire che è una bella collaborazione. Entrambe da subito, telefonicamente e con videoconferenze, ci hanno sempre sostenuto, siamo stati costantemente in contatto e questo ha aiutato, soprattutto psicologicamente. Uno dei gesti più belli è stata sicuramente la donazione di dispositivi di protezione individuale in un periodo in cui era davvero complicato trovarli sul mercato. In altre parole, ci ha dato la possibilità di proseguire nel nostro lavoro.

Che ruolo ha l’innovazione nella tua professione? Anche in agricoltura c’è digitalizzazione?

Assolutamente sì. Ci sono tante innovazioni tecnologiche che non solo ci aiutano nella gestione del lavoro sul campo ma anche nel risparmio e nella tutela dell’ambiente. Nel 2014 ad esempio abbiamo fatto una riconversione nella nostra azienda, sostituendo l’alimentazione dei forni per l’essicazione del tabaccoda gas naturale a gas biomassa, passando quindi dall’energia fossile a quella rinnovabile.Ovviamente per farlo serve poter programmare investimenti e avere una situazione economica stabile per poter accedere ai finanziamenti, tutti elementi che oggi possiamo sfruttare grazie agli accordi pluriennali con Coldiretti e Philip Morris, che ci garantiscono predicibilità che in agricoltura è importante.

Come pensi che cambierà il tuo lavoro dopo il Coronavirus? Cosa cambierà secondo te nei prossimi anni?

Il lavoro è già cambiato e il Coronavirus ha sicuramente impattato sul modo di lavorare, anche sui campi. Rimango fiducioso perché credo nel mio settore e nella sua importanza, oltre che nei valori che lavorare con la terra mi insegna ogni giorno, spero che sempre più giovani vogliano ritornare a fare la vita di campagna.

Una filiera fondamentale

Per sottolineare ulteriormente l’importanza della filiera tabacchicola italiana, basti pensare che la stessa Philip Morris International, principale azienda mondiale del tabacco, compra circa il 50% del tabacco italiano, grazie ad accordi pluriennali siglati direttamente con l’Organizzazione Nazionale Tabacco (ONT) Coldiretti e il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Proprio durante l’emergenza Covid, inoltre, Philip Morris Italia ha chiuso la contrattazione per l’acquisto del raccolto 2020, offrendo ulteriori certezze economiche ed occupazionali ai circa 55mila operatori della filiera italiana del tabacco e ai territori coinvolti. In un momento così delicato i lavoratori sono stati rassicurati non solo con l’impegno dell’acquisto di tabacco e da un contributo di sostenibilità, ma anche con la fornitura gratuita, come ha spiegato il signor Marco parlando della sua azienda, di più di 65.000 mascherine per agricoltori e tecnici di campo. È anche graziea gesti come questo che l’agricoltura italiana, settore tabacchicolo compreso, sarà in grado di rinnovarsi per affrontare le nuove sfide che si ritroverà di fronte da qui ai prossimi anni.

il giornale.it

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