Palamara all’attacco del Csm: non sereno, spieghino fughe di notizie


Luca Palamara
 va all’attacco del Csm. E, con una memoria, l’ex-consigliere contesta la serenità degli attuali membri di palazzo dei Marescialli che lo dovrebbero giudicare, chiede conto delle fughe di notizie ma, soprattutto, fa quello che tutti temevano: mette in pratica il famoso detto “muoia Sansone con tutti i Filistei”. E si tira appresso, nel gorgo, il vicepresidente del Csm, il renziano di ferro Stefano Ermini. E non solo lui.

Non è quella che si potrebbe definire una buona giornata per l’attuale Consiglio Superiore della Magistratura.

Palamara deposita la memoria nel corso dell’udienza davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura che lo vede sotto processo insieme ad altri cinque ex-togati.

Nel documento l’ex-potente pubblico ministero romano chiede la rimessione del giudizio alla Sezione Disciplinare della prossima consiliatura.

L’istanza di rimessione alle Sezioni Unite solleva una questione di legittimità costituzionale ipotizzando che dovrebbe essere la Sezione Disciplinare operante nella consiliatura successiva a quella in atto” ad occuparsi del suo caso.

Palamara punta il dito sulle “reiterate prese di posizione di numerosi membri del Csm, taluni persino componenti del collegio chiamato, oggi, a giudicare della responsabilità disciplinare del sottoscritto”.

La questione sollevata da Palamara riguarda, fra l’altro, l’incontro “nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2019 presso l’Hotel “Champagne” in Roma”. Ma, anche “le stesse modalità con cui i “media” risultano esserne venuti a conoscenza”. Insomma la fuga di notizie sulla stampa.

Due aspetti del caso Palamara che, a parere dell’ex-consigliere del Csm, pregiudicherebbero “la libera determinazione delle persone che partecipano al processo”.

Per quel che riguarda le fughe di notizie Palamara evidenzia l‘articolo di Carlo Bonini su Repubblica” del 29 maggio 2019 intitolato “Il mercato delle toghe: un patto per prendere la Procura di Roma“.

In ben due passaggi, secondo Palamara, emergerebbero “diverse e qualificate fonti del Consiglio Superiore”.

Di qui la richiesta dei legali di Palamara di ascoltare, come teste, il Segretario Generale del Csm per sapere se siano state effettuate verifiche su eventuali fughe di notizie.

Da questo punto di vista Palamara rammenta la vicenda delle fughe di notizie nella consiliatura 2010/2014 che riguardavano, anche in quel caso, un “magistrato, come il sottoscritto, titolare di funzioni requirenti presso un importante Ufficio di Procura”.

Altro capitolo delicato della vicenda Palamara messo in evidenza dall’ex-consigliere del Csm nella sua memoria riguarda i suoi rapporti con i renziani Cosimo Maria Ferri, Luca Lotti e David Ermini, quest’ultimo eletto vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura proprio grazie ad un accordo politico. Che Palamara ricostruisce nella sua memoria.

“Dalla “messaggistica” estratta dal telefono cellulare dello scrivente, acquisita agli atti dell’inchiesta svolta a carico del sottoscritto dalla Procura di Perugia, è emerso – ricorda Palamara – il ruolo che il sottoscritto, e con il medesimo, anche gli onorevoli Cosimo Maria Ferri e Luca Lotti, ha avuto nell’accordo politico che portò all’elezione dell’attuale Vice-Presidente del Csm David Ermini“.

”In particolare – precisa Palamara – all’esito di una cena presso l’abitazione dell’Avv. Giuseppe Fanfani, ex membro laico del Csm nella consiliatura 2014/2018, circostanza sulla quale la difesa dello scrivente ha articolato prova per testi, chiedendo l’escussione sia dell’On. Ermini che dell’Avv. Fanfani”.

”Se ne trae una ragione di più – sostengono i legali dell’ex-presidente dell’Anm – per dubitare dell’effettiva serenità con cui codesta Ill.ma Sezione Disciplinare potrà assumere le proprie ‘libere determinazioni’ giudicare i fatti per cui oggi è giudizio”.

Un ulteriore aspetto messo in evidenza dai legali dell’ex-pm romano sono i giudizi su Palamara rilasciati pubblicamente e in più occasioni dal vicepresidente del Csm, Ermini e anche da altri consiglieri.

Palamara parla di “perduranti prese di posizioni assunte dal Vice-Presidente del Csm e da numerosi Consiglieri Superiori sui fatti oggetto di giudizio”. Ricorda che non si è trattato di “mera analisi” ma, piuttosto, di “aperta e diretta censura” evocando persino il “metodo mafioso” o equiparando la vicenda “allo scandalo costituito dall’iscrizione di taluni magistrati ad una loggia massonica segreta”.

Tutte circostanze che, secondo Palamara, non consentono una adeguata serenità di giudizio del Csm nei suoi confronti. Di qui la richiesta di rimessione del giudizio alla Sezione Disciplinare della prossima consiliatura.

Si oppone alla richiesta di Palamara l’avvocato generale Pietro Gaeta, che rappresenta la Procura Generale nel processo disciplinare. “Una richiesta di una tale eccentricità nella sua formulazione da risultare non proponibile”, lo gela Gaeta.

Che ritiene la questione di legittimità costituzionale “inammissibile e palesemente manipolativa”.

Alla fine il collegio della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura rigetta la richiesta, avanzata dalla difesa di Luca Palamara di rimessione degli atti alle Sezioni Unite della Cassazione perché valutino la possibilità di sollevare la questione di legittimità costituzionale.

La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha respinto poi anche altre due nuove istanze di ricusazione avanzate da Gianluigi Morlini e Luigi Spina, due degli ex-togati del Csm a processo insieme con Luca Palamara.

Sabato nuovo round per Palamara quando l’Assemblea generale dell’Associazione nazionale magistrati deciderà sul ricorso presentato dal suo ex-presidente contro la delibera di espulsione adottata dal Comitato direttivo centrale il 20 giugno scorso.

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