Libia, sono 18 i pescatori italiani sequestrati da Haftar. E vanno riportati a casa

 Il groviglio libico è sempre più intricato e questo di per sé non è un bel segnale per nessuno. La sin troppo lunga inazione del nostro ministero degli Esteri ha contribuito a saldare un’impasse dannosa per i nostri interessi, ma questo è noto più o meno a tutti. Il primo settembre Luigi Di Maio ha tentato però di battere un colpo, recandosi a Tripoli in visita ufficiale per la quarta volta in dieci mesi e facendo poi tappa a Tobruk. Un’iniziativa diplomatica volta a rinnovare il sostegno al Governo di Accordo Nazionale di Fayez al-Sarraj e a manifestare l’apprezzamento del governo italiano nei confronti dell’annunciato cessate il fuoco. Al contempo Di Maio ha di fatto snobbato il generale Khalifa Haftar, che controlla ancora la Cirenaica, l’altra metà della Libia.

Il sequestro

Neanche 24 ore dopo la visita del nostro ministro degli Esteri, la marina militare di Haftar ha sequestrato e condotto nel porto di Bengasi due pescherecci – “Antartide” e “Medinea” – di Mazara del Vallo, con 16 uomini a bordo. Altri due pescherecci siciliani – “Anna Madre” e “Natalino” – sono riusciti a invertire tempestivamente la rotta e fuggire, ma il primo ufficiale e il comandante sono stati bloccati e condotti in Cirenaica. Le imbarcazioni italiane stavamo pescando in una zona di mare ricca di gamberi rossi a 35 miglia dalla costa libica e secondo le autorità di Bengasi non avrebbero rispettato la Zee (Zona economica esclusiva), dal 2005 rivendicata unilateralmente dall’allora governo di Gheddafi fino a 74 miglia dalla costa. Dieci giorni dopo, i 18 pescatori italiani sequestrati dai militari di Haftar, sono ancora detenuti a Bengasi.

L’appello

La Farnesina ha fatto sapere che “sta seguendo con massima attenzione la vicenda dei pescherecci sequestrati in Libia”, ma il rilascio non è stato ancora ottenuto.
“Al governo italiano forse non interessano i nostri marinai?”, si chiede l’associazione Protetto Isola “Presente” di Mazara del Vallo, che sulla propria pagina Facebook ha pubblicato in esclusiva diverse foto dei pescatori italiani sequestrati. “Non interessa però fare polemiche. Chiediamo tutti quanti e con forza al Ministro della Giustizia Bonafede, mazarese di nascita, di fare il possibile affinché i nostri marinai possano presto far ritorno a casa .Ci preme ricordare – scrive l’associazione – che se l’intervento politico avviene con ritardo, cosa che sembra oramai un dato certo, se la storia ci ha insegnato qualcosa, il rischio che si corre è che la posta in gioco diventi sempre più alta. Ancora non sappiamo quale epilogo avrà la vicenda dei quattro calciatori libici, per i quali a Bengasi monta sempre più la rabbia, e per i quali viene chiesta la loro liberazione dalle carceri Italiane”.

Libia, pescatori italiani

Riportare a casa i nostri pescatori

E ancora: “Nell’attesa, al generale Haftar (la sola persona a cui sono affidate le sorti dei marinai), viene chiesto di non liberare i nostri connazionali. Ovviamente tutti noi speriamo il contrario, ovvero che il Generale grazi i nostri connazionali e li restituisca presto alle loro famiglie e al loro lavoro, diversamente gli armatori saranno costretti a portare parecchi soldini per trattare e pagare il riscatto di uomini e mezzi sempre che abbiano la possibilità di farlo e sempre che venga loro concesso”. Un appello condito da timori comprensibili, con il ministro Di Maio che intervistato ieri dal Foglio ha semplicemente detto che l’Italia “nel riserbo che sempre occorre in questi casi” sta lavorando “perché i nostri connazionali vengano rilasciati al più presto”. Il problema è che stiamo perdendo sempre più terreno in Libia e questa vicenda la dice lunga sulla capacità del governo giallofucsia di fare la voce grossa nella nostra ex colonia. Adesso però conta soltanto una cosa: ottenere subito il rilascio dei pescatori italiani.

Eugenio Palazzini

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