I dati inchiodano la Germania: così ha diffuso il virus in Italia

Ormai non ci sarebbe più ombra di dubbio: il ceppo italiano del virus proveniva dalla Germania.

L’ormai noto “paziente 1” tedesco aveva infatti contratto il coronavirus da una persona proveniente da Shangai e aveva poi portato l’infezione in Italia nella cosiddetta zona rossa. Solo che il ceppo arrivato nel nostro paese era ben più contagioso e pericoloso rispetto a quello di Wuhan.

Il ceppo italiano arriva dalla Germania

A dirlo una nuova relazione redatta da un team di studiosi guidato da Alessia Lai, Massimo Galli, Claudia Balotta e Gianguglielmo Zehender del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche Luigi Sacco dell’università Statale di Milano e del Crc Episomiche, che ha preso in considerazione 59 nuovi genomi virali ricavati da pazienti italiani, in un periodo compreso tra i primi giorni della manifestazione dell’epidemia e la seconda metà di aprile, quando la curva epidemica ha iniziato a scendere. Lo studio, che non è ancora stato pubblicato ma è disponibile sulle piattaforme Medrxiv e Preprints, va a confermare una ricerca precedente, eseguita sempre dalla stessa equipe, secondo la quale il ceppo italiano del Covid-19 proveniva dalla Germania.

Dallo studio infatti emergerebbe “la netta prevalenza in Italia di un singolo lignaggio virale ascrivibile, secondo uno dei sistemi di classificazione più largamente impiegati, al lignaggio B1 e correlabile al primo cluster europeo, che ha avuto luogo in Germania attorno al 20 gennaio ed è stato causato dalla documentata importazione di un ceppo circolante a Shanghai. La divergenza tra gli isolati B1 è risultata relativamente modesta, con differenza nucleotidica media di soli 6 nucleotidi, con alcune eccezioni”.

L’indagine nasce dalla collaborazione tra il Laboratorio di Malattie Infettive dell’Università Statale di Milano e più di 10 tra Centri Clinici e Università del Centro e Nord Italia (tra cui Bergamo, Brescia, Cremona, Milano, Padova, Ancona, Siena). Come sottolineato dagli studiosi, il lavoro “definisce, con un numero maggiore di sequenze su un’area geografica non limitata alla Lombardia, e una temporizzazione più ampia, la dinamica evolutiva e le caratteristiche epidemiologico-molecolari del virus Sars-CoV-2 in Italia”. In Veneto vi è stato il caso di un solo paziente, che non aveva effettuato viaggi e non era venuto in contatto con soggetti arrivati dalla Cina, che mostrava però un virus simile a quello importato direttamente da Wuhan attraverso l’arrivo dei due coniugi cinesi presi in cura allo Spallanzani.

Più cattivo e contagioso

I genomi italiani, e la maggior parte di quelli presenti in Europa e nel mondo, presentano tutti la mutazione 614 nella proteina Spike. Questo ha fatto sì che il coronavirus divenisse più contagioso, andando ad aumentare la possibilità di infezione delle cellule. La mutazione in questione sarebbe 10 volte più potente rispetto agli altri ceppi. Questa ricerca sarebbe però in contraddizione con quella svolta da due equipe, del Niguarda di Milano guidata da Carlo Federico Perno, e del San Matteo di Pavia con Fausto Baldanti, che hanno esaminato le sequenze di genoma di 350 pazienti.

il giornale.it

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