Torino, manifestazione per Floyd: sfregiati muri e statue del Palazzo Civico

Roma, 8 giu – Cosa resterà delle manifestazioni in ginocchio? La sensazione è che l’eco scemerà a breve, con il variegato mondo della sinistra piazzarola (una tantum) che va dai centri sociali alle sardine, costretto alla caccia al tesoro: ricerca affannata di un nuovo pretesto di tendenza per inscenare una qualche protesta. Di sicuro però qualcosa è rimasto impresso sulla pietra, qualcosa di affatto lodevole bensì vomitevole. Parliamo del vergognoso sfregio al Palazzo Civico di Torino. Muri e statue imbrattate con la bomboletta spray da qualche civilissimo manifestante contro il razzismo.

Sì perché dall’insindacabile piazza dei buoni, “una manifestazione di tutti” come è stata definita da qualche irreprensibile giornale, è spuntato fuori il gesto barbaro per eccellenza: quello contro l’arte. “Fuck Trump”, “Fuck police”, “No justice, no peace”, “Antifa”, sono soltanto alcune scritte che da oggi (finché non verranno cancellate, ci auguriamo quanto prima) potrete ammirare nel seicentesco edificio che ospita il municipio di Torino. La firma è dei soliti inutili stolti. Un atto vandalico appena menzionato dai media correct, il cui coro unanime descrive più che altro la bontà della protesta.

Pagliacci dannosi

E invece tra coloro che ieri ricordavano George Floyd, afroamericano ucciso da un poliziotto a Minneapolis, è uscita tutta l’idiozia del primitivo iconoclasta. Ma come? Proprio chi sostiene di volerci educare a una società più giusta e solidale, massacra così storia e arte? Già, d’altronde come sosteneva Junger ne Le scogliere di marmo, “profondo è l’odio che l’animo volgare nutre contro la bellezza”. E gli animi volgari, permeati di ignorante arroganza, tendono a palesarsi così. “La risposta al razzismo è la non violenza”, hanno gridato ieri in piazza. La risposta a questo scempio è una semplice foto: è sufficiente a evidenziare l’idiozia di certi pagliacci. Una pletora di nani che, parafrasando Vico, si scagliano contro i giganti. Un branco di stronzi senza storia, senza terra, senza cultura.

Eugenio Palazzini

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