Giuseppe Conte, che fine faranno i soldi della Fase 3: sgravi fiscali al Sud, sussidi e paghetta per chi lavora in nero

Sgravi fiscali al Sud, sussidi e ammortizzatori sociali a vita, una paghetta per chi lavora in nero e, ultimo ma non ultimo, il Ponte di Messina. Giuseppe Conte si prepara ad aprire gli stati generali dell’economia con un programma che neanche Maurizio Landini avrebbe avuto il coraggio di immaginare. Certo, la proposta di estendere a dismisura la cassa integrazione e di bloccare i licenziamenti a tempo indefinito è tutta del leader della Cgil, che ieri dalle pagine del Manifesto ha invocato più tutele per i lavoratori, definendo gli ammortizzatori sociali un diritto universale che deve essere garantito ben oltre la durata dell’emergenza pandemica. Ma qui c’è dell’altro. C’è l’idea, terrificante per il futuro del Paese, di usare il debito e le risorse europee non per rimettere in moto il motore dell’economia e creare ricchezza, ma per regalare soldi alle aree meno produttive e tenere in vita un esercito di parassiti sufficientemente grande da poter garantire un futuro politico alla coalizione e soprattutto allo stesso premier, che con la fine dell’emergenza sanitaria sta iniziando a sentire il terreno sotto i piedi sempre meno solido. Per carità, nel suo ultimo discorso alla nazione Conte ha parlato di riforma fiscale, di nuove regole per gli appalti, di abbattimento della burocrazia, di un piano di riforme che superi l’orizzonte dell’attuale legislatura. Ma il premier aveva anche promesso 400 miliardi di euro alle imprese e la cassa integrazione per tutti. Poi si è vista come è andata a finire. Che i grandi progetti di cambiamento siano preclusi a questa maggioranza, che riesce a litigare anche sulle modalità di assunzione dei precari della scuola, è chiaro a tutti. L’impresa, del resto, non è riuscita neanche a squadre di governo ben più solide e coese. Così, sul tavolo non resta che la solita distribuzione di denari.

Fiscalità di vantaggio – E indovinate un po’ a chi andranno? Alle imprese del Nord che sanno solo, come dice Conte, chiedere il taglio delle tasse e non sono capaci di fare una proposta sensata? Ovviamente no. Allo studio del governo c’è invece l’ipotesi di sfruttare il Recovery fund per dare attuazione al Piano Sud 2030 presentato a febbraio, che prevede complessivamente lo stanziamento di 123 miliardi. Piatto forte del progetto è la fiscalità di vantaggio, vale a dire l’introduzione nelle regioni meridionali di aliquote più basse rispetto al resto del Paese. Avete capito bene. Le gabbie salariali sono un orrore, la riduzione delle tasse alle aziende delle aree più attive uno stantio tormentone. Ma lo sconto sui balzelli del Mezzogiorno, invece, è un metodo geniale per ripartire. Accanto a questo, per rifocillare un po’ fannulloni e lavoratori in nero si lavorerà sulle due direttive del Reddito di cittadinanza e del neonato Reddito di emergenza. Ieri l’inps ci ha informato che quest’ ultimo può arrivare fino a 840 euro. Per chi non ha altri sostegni è un aiuto alla sopravvivenza, ma per chi, come esplicitamente previsto anche dal ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, si è finora arrangiato con mestieri irregolari (che ora con la Fase 2 ha tranquillamente ripreso) è un regalo che grida vendetta mentre c’è chi non riesce a riaprire la bottega. Ma tant’ è. Nel Pd e tra i Cinquestelle si sta facendo strada la convinzione che l’Italia sia sull’orlo di una rivolta sociale. Ed elargire prebende ai meno abbienti viene ritenuto il modo migliore per scongiurare il peggio.

Grande opera – Così come sembra una buona idea quella di confondere un po’ le acque con la grande opera più annunciata e più incompiuta d’Italia: il Ponte sullo Stretto. L’ipotesi non fa impazzire i Cinquestelle, ma piace tanto a Matteo Renzi. E Conte è convinto che riuscire dove gli altri hanno fallito (il primo progetto preliminare è del 1992) potrebbe consegnarlo alla storia. Ma davvero in questo momento, con il crollo della produzione industriale, la frenata dei consumi e il rischio che oltre un terzo delle nostre imprese non riesca a superare indenne la crisi, c’è bisogno di un ponte nella zona economicamente meno sviluppata d’Italia? Pare di sì. Del resto, investire quattrini al Nord è un’operazione che l’esecutivo, dopo il continuo e duro braccio di ferro con i governatori di centrodestra a cui ora si è aggiunto quello con la nuova Confindustria a trazione settentrionale, preferirebbe ridurre al minimo indispensabile. Questo non significa che le regioni cisalpine saranno abbandonate. I soldi non arriveranno, ma i malati sì. Come ha spiegato recentemente l’assessore al Welfare della Lombardia, Giulio Gallera, nonostante la campagna d’odio contro la sanità della regione, molte di quelle 150mila persone che ogni anno partono dal Sud per andarsi a curare stanno tornando a prenotare interventi e posti letto. 

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