Test, Rsa e cassa integrazione. Cade il castello di bugie del Pd

Un flop che parte da lontano. Non è stato un caso il fallimento politico del Pd che si è consumato lunedì nella sala Gaber del Pirellone, allestita per l’occasione a Consiglio regionale.

Piuttosto, è stato il franare di un castello di mistificazioni e trovate propagandistiche. Il Pd, a dire il vero, era arrivato con grande baldanza alla discussione della mozione su Giulio Gallera, con l’intenzione di portare a casa la sfiducia all’assessore al Welfare, magari con la spinta di qualche comprensibile stanchezza nella maggioranza. Ebbene, il blitz non è riuscito e la sinistra ne è uscita a pezzi, come conferma la teatrale protesta su presunti «voti segnati».

«Sono entrati per suonarle e sono stati suonati» ha osservato malizioso qualcuno nel centrodestra. Infatti, non solo la mozione non è passata, non solo non l’hanno votata né «Italia Viva» né «Più Europa», ma nel segreto dell’urna sono spuntati (almeno) tre franchi tiratori dell’opposizione. Una sorta di «autosfiducia». Ma un esito simile è probabilmente il prodotto di 45 giorni di un’opposizione barricadera che è stata inaugurata improvvisamente a fine marzo – nei giorni più duri dell’emergenza – e minaccia di proseguire.

Ieri anche l’assessore al Lavoro Melania Rizzoli ha dovuto sfatare una mistificazione, sulla Cassa integrazione. Il governo infatti ha assegnato alle Regioni il compito di istruire le pratiche e la Lombardia ne sta esaminando 5mila al giorno, con l’obiettivo di arrivare a quota 66mila. I dati nel portale Inps però non erano aggiornati, non fino a quando da Palazzo Lombardia sono usciti i numeri veri. Allora improvvisamente tutto si è sbloccato: «Il sito dell’Inps segnala che abbiamo elaborato più di 48mila domande – ha notato Rizzoli – Primi in Italia». Anche sul tema cassa integrazione l’opposizione si era buttata a capofitto, come su tutti gli altri. Sui tamponi per esempio, la Lombardia era stata accusata di eseguirne pochi, ma l’indicazione di fare tamponi solo ai plurisintomatici era arrivata proprio dalle istituzioni governative, quando anche a sinistra mettevano in guardia da un «eccesso di drammatizzazione». In Lombardia si è partiti da tre laboratori che processavano 900 tamponi al giorno e si è arrivati a 45 con quasi 15mila tamponi. È la Regione che ne ha fatti di più. E sui test sierologici – altra questione sollevata ieri – non si può affermare che non sono abbastanza e contemporaneamente contestare che siano svolti anche dal privato. Qualcosa di simile è accaduto sull’ospedale in Fiera, prima invocato poi criticato. E sulla Zona rossa. E anche nella delicata, dolorosa vicenda delle Rsa i dati italiani ed europei, prima ancora dei casi del Lazio e di Cremona, fanno pensare a una strumentalizzazione politica.

La tempesta Covid è stata fortissima, non ha guardato ai confini regionali – lo ha dimostrato anche uno studio del San Raffaele – e ha investito in particolare le aree densamente abitate. In questa tempesta, in questo dramma, la sanità lombarda ha provato a reggere mostrandosi anche capace di esprimere eccellenze, come dimostra la terapia basata sul plasma messa a punto a Pavia e Mantova. Tutto è perfetto? No, ma mettere la Lombardia sotto assedio – o sotto accusa – fa scattare un legittimo meccanismo di difesa e certo non contribuisce a creare un clima favorevole a una riflessione. Esemplare in questo il caso di Michele Usuelli. Il consigliere radicale, e medico, è erede dell’unico movimento – piaccia o no – che ha fatto davvero opposizione in tutti questi anni, mentre la sinistra si mostrava più consociativa. Ebbene, anche in questa emergenza Usuelli è stato puntuale nell’opposizione, ma ha sempre accompagnato alle critiche la proposta alternativa. E quando si è trattato di votare contro Gallera ha scelto di astenersi prevedendo che il nuovo prevedibile assessore sarebbe stato meno liberale dell’attuale. «Dobbiamo incalzarli su liberalizzazioni e diritti civili – ragiona un esponente di Più Europa – se predichi statalismo il lombardo non ti segue». La sinistra invece è apparsa invece centralista e statalista. Nella sua ansia di rivincita, il Pd – lombardo e non solo – ha dato l’impressione di essere «anti-lombardo», come ha avuto buon gioco a rilevare ieri la Lega. E ancora rischia di restare un corpo estraneo.

il giornale.it

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