Un video Rai esalta il “fascino” di Tito: inaccettabile insulto ai martiri delle Foibe

Trento, 5 mag – In questi primi giorni di Fase 2 sembra che per qualcuno oltre alla maggiore libertà di potersi muovere sia stata concessa anche la possibilità di riscrivere la storia sputando sulla tragedia delle Foibe e dipingendo un ritratto idilliaco e bonario di Josip Broz detto Tito, proprio nel giorno dell’anniversario della sua morte. Prima è toccato a Il Dolomiti, noto giornale online trentino, che ne ha fatto un ritratto quasi commovente dove si descrive Tito come un “mito, divenuto nostalgia”, ovviamente senza citare in alcun modo il piano di pulizia etnica posto in ordine dal ’43 al ’45 per eliminare la presenza italiana in Istria e in Dalmazia, proprio dal Maresciallo in questione. Un piano criminale che portò alla morte di oltre diecimila italiani, uccisi barbaramente e torturati dai partigiani slavi, e all’esodo forzato di circa trecentomila giuliani, quarnerini e dalmati italiani costretti in fretta e furia a scappare dalla propria casa per non finire ammazzati nelle cavità carsiche utilizzate per far sparire i corpi.

Ma il capolavoro del cattivo gusto lo mette a segno senza dubbio la Rai regionale che, con gli stessi toni, riesuma un documentario di qualche anno fa dove con musica allegra e spensierata ci porta alla ricerca delle origini trentine del leader jugoslavo. Addirittura viene spiegato quanto Tito fosse “aperto ai diritti sociali, culturali e di appartenenza dei propri cittadini”, dimenticandosi del fatto che oltre agli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia a fare le spese delle violenze partigiane titine ci furono anche oltre un quarto di milione di sloveni, croati, montenegrini, serbi. Compresi i partigiani monarchici anticomunisti. Ci chiediamo come sia possibile che il servizio pubblico di informazione  questa mistificazione di una delle pagine più tristi e dolorose della storia italiana.

A riguardo è intervenuto duramente Filippo Castaldini, responsabile trentino di CasaPound. “Guardando il curriculum del giornalista che ha curato il documentario, Raffaele Crocco, si nota una preoccupante vicinanza alla sinistra militante e agli stessi centri sociali che più volte l’hanno ospitato a Trento e che ogni anno non perdono occasione per negare il dramma degli infoibati e il ricordo dei tanti italiani che hanno sofferto in quelle terre dalle quali Tito voleva a tutti i costi cacciarli”. A questo punto “mi aspetto che la Rai prenda una posizione netta – dice ancora Castaldini – visto che, tra le altre cose, la giornata del Ricordo, istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, deve essere un’occasione per tenere viva la memoria dei nostri connazionali che per tanto tempo non hanno avuto voce né spazio. Perché di sicuro chi fa informazione pubblica non può permettersi di sputare su questo ricordo”.

Aurelio Malvanni

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