Fase 2, Giuseppe Conte decide della nostra libertà in base a cifre e calcoli sbagliati: l’errore del governo

«Le nostre decisioni sono prese solo su basi scientifiche»: così il presidente del Consiglio ha giustificato nell’aula del Senato l’ultimo decreto, con cui ha prorogato dal 4 maggio le limitazioni alle libertà personali (e parzialmente a quelle economiche) in vigore dall’11 marzo 2020. La base scientifica sarebbe costituita da un documento dell’Iss, poi adottato dal Comitato tecnico-scientifico, pubblicato alcuni giorni fa da quotidiani di stampa filo-governativi. All’indomani della pubblicazione è stata diffusa sul web un’analisi della holding Carisma, ripresa dai media, che contestava la validità dello studio dell’Iss, rilevando presunti errori di calcolo. A tali critiche l’Iss ha risposto che il documento recepisce un modello previsionale elaborato dalla Fondazione Kessler. Il modello presagisce in caso di riaperture numeri esponenziali delle terapie intensive, oltre che dei contagi. Ma queste misure non hanno fondamento scientifico.

Intitolato «valutazione di politiche di riapertura utilizzando contatti sociali e rischio di esposizione professionale», il documento presenta la valutazione dei rischi di diffusione epidemica per la malattia Covid-19 associata a diversi scenari di rilascio del lockdown. Esso si conclude con le raccomandazioni del Comitato tecnico-scientifico: «Essendo le stime attuali di R0 comprese nel range di valori tra R0=0.5 e R0=0.7, ed essendo evidente dalle simulazioni che se R0 fosse anche di poco superiore a 1 (ad esempio nel range 1.05-1.25) l’impatto sul sistema sanitario sarebbe notevole, è evidente che lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto». Seguono una serie di indicazioni, di cui il decreto presidenziale è la fotocopia, salvo qualche minima concessione, come la facoltà di svolgere sport individualmente anche lontano dalla propria residenza.

Lo studio passa per tre soggetti (Fondazione Kessler, Iss, Comitato tecnico-scientifico), approda al quarto (il governo), sfocia nel decreto presidenziale del quinto (Conte). Non si comprende a cosa serva nominare una task-force apposita, se poi questa debba recepire il parere di un Ente pubblico, che a sua volta si avvale di un centro di ricerca privato. Mai come in questo caso più voci non danno più garanzie, ma più confusione.

SCIENZA-SPAZZATURA
Com’è possibile che le obiezioni a questo studio siano state avanzate non dal Cnr, dalle Università o da altre istituzioni scientifiche accreditate, ma da una holding di partecipazioni industriali, che di scienza ne capisce più o meno quanto l’attuale ministro della giustizia di diritto? Il documento è inattendibile, tanto che in epistemologia sarebbe definito «scienza-spazzatura». L’idea sottesa allo studio è di valutare gli effetti delle riaperture misurando il probabile numero di ricoveri in terapie intensive, ottenuto calcolando l’indice di riproduzione del virus (il famoso R0) nei diversi scenari di riapertura (scuola, manifatturiero, edile, commercio e ristorazione) e la percentuale di casi critici sul totale dei contagiati. Non contestiamo l’ idea, ancorché sia come guardare una stanza dal buco della serratura, ma la sua realizzazione.

Quanto alla percentuale di casi critici. La probabilità che un infetto sia un caso critico è stimata sulla base del quoziente storico tra i casi critici (TI + deceduti) e il totale degli infetti. Se, come sembra, questo rapporto è stato calcolato al 31 marzo 2020, il dato è inidoneo, perché oggi il virus ha perso carica e i protocolli sanitari sono migliorati, quindi la percentuale di casi critici sui contagi è diminuita.

Quanto all’indice di riproduzione. In primo luogo le assunzioni di partenza (percentuale di incremento dei contatti nei vari scenari di riapertura, grado di contagiosità del virus, ecc.) sono opinabili. In secondo luogo c’è un difetto di metodo, che compromette alla radice l’indagine. Un modello predittivo epidemiologico è, dal punto di vista logico, una deduzione approssimata. Ossia un procedimento schematicamente assimilabile al caso studiato a scuola (Socrate è un uomo – tutti gli uomini sono mortali – Socrate morirà), con la fondamentale differenza che, non essendo note per intero le premesse del ragionamento, la conclusione non potrà che essere probabilistica.

Infatti non si conoscono con precisione: a) l’efficacia delle misure di contenimento; b) le modalità di trasmissione del virus; c) il comportamento del virus alle alte temperature; d) l’evoluzione del virus (la cui carica sembra attenuarsi); e) l’evoluzione dei protocolli terapeutici (in via di perfezionamento). Pertanto lo studio si basa su un modello «stocastico», ossia che considera variazioni dei dati di input: si dovevano formulare tante ipotesi quante erano le variabili possibili. Questo non è stato fatto. Sono presenti diverse simulazioni per ciascuno scenario di riapertura, ma le variabili considerate sono soltanto la suscettibilità all’ infezione nelle diverse fasce d’ età e la trasmissibilità ridotta a causa dell’ adozione di dispositivi di protezione individuale. Quest’ultima variabile, inoltre, è stata impostata in modo arbitrario. Innanzitutto non si capisce se essa sia sommata o meno al distanziamento sociale spontaneo, ossia al comportamento maggiormente prudente che gli individui terranno in ragione dell’ acquisita consapevolezza dell’ epidemia. In secondo luogo, l’intervallo di diminuzione del rischio di contagio per l’ adozione delle protezioni è stimato tra il 15% ed il 25%, senza che di tale misurazione sia offerto il minimo fondamento.

QUESTIONI DI METODO
Vi è, poi, un’ulteriore incognita, legata al numero effettivo dei contagiati. Sul punto la stima operata nel documento segue un procedimento assolutamente opaco, e le affermazioni nella conferenza stampa, di un numero pari a dieci/venti volte quello ufficiale, appaiono apodittiche.

In definitiva, al netto degli errori, il modello immagina che l’ epidemia si sviluppi in un contesto pubblico caratterizzato dal livello di impreparazione in cui si trovava nella fase 1, solo mitigato da misure di distanziamento sociale e di igiene. Non vi è traccia della previsione di un controllo attivo del virus, l’ unica soluzione è il confinamento, rispetto al quale la riapertura è l’ eccezione.

È interessante rilevare come il documento abbia valutato le politiche di riapertura solo con riferimento alle categorie scuola e lavoro, cioè escludendo a priori la possibilità di allentare le restrizioni alla mobilità delle persone. Se ne dovrebbe evincere che il governo non abbia neppure considerato la possibilità di rimuovere o quantomeno ridurre significativamente le limitazioni alla libertà di movimento, contrariamente a quanto dichiarato. Le responsabilità della politica sono gravi: soggezione alla tecnica, violazione dei principi costituzionali, assenza di una visione sistematica. Delle prime due si è detto in precedenti articoli, consideriamo la terza.

Siamo nel terzo millennio e il rischio non è un’eccezione, ma la regola. Il virus ha fatto sì che uscire di casa o lavorare siano diventate attività pericolose. Questo non implica vietarle o ridurle ai minimi termini: essendo attività non solo utili, ma necessarie, l’ordinamento giuridico deve fissare la soglia del rischio consentito sul punto più alto della curva del bilanciamento tra interessi. Si obietta che la salute pubblica è il bene primario, ma la libertà e il lavoro non sono sotto-ordinabili, perché rappresentano l’identità stessa dell’ uomo. Le vite umane non si contano, ma si pesano: la strategia di gestione dell’ epidemia porterà a danni maggiori dell’epidemia. E, come visto, sopravvaluta il rischio.

Resta l’ interrogativo più ingombrante: cosa spiega l’inettitudine di tecnici e politici nella comprensione del problema. Come suggerisce Occam la risposta è la più semplice: prima del fanatismo ideologico (che abbonda in entrambi i campi), c’è la stupidità. Che è concetto diverso dall’incompetenza o dall’ignoranza. Nelle facoltà dell’homo sapiens si danno: talento, cultura, intelligenza. Dinanzi ai problemi complessi le prime due, ancorché cumulate (e così non pare), non bastano. Serve la terza.

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