Bergamo, boom di bambini con la sindrome di Kawasaki: effetto collaterale del coronavirus? C’è chi finisce in terapia intensiva

Un probabile effetto “collaterale” del coronavirus, inquietante e spiazzante. Un effetto collaterale che dimostra quanto del Covid-19 sappiamo davvero poco. Della vicenda ve ne abbiamo già dato conto ieri (qui l’articolo), ossia del fatto che nel Regno Unito i funzionari dell’Nhs, il sistema sanitario nazionale, hanno informato i medici di base di Londra del fatto che “nelle ultime tre settimane si è registrato un aumento apparente di casi di infiammazione sistemica che ha necessitato il ricovero in terapia intensiva nei bambini di tutte le età, a Londra e in altre regioni del Regno Unito – riporta il The Guardian -. I casi hanno in comune una sovrapposizione di sintomi della sindrome da choc tossicologico e della malattia di Kawasaki atipica, con parametri ematologici consistenti con un quadro clinico severo da Covid”. Il punto però è che un fenomeno identico si sta registrando anche in Italia. Ne dà conto il Fatto Quotidiano, che svela i casi di bimbi che hanno sviluppato una infiammazione dei vasi sanguigni probabilmente in seguito ad aver contratto il coronavirus: si tratta di una patologia simile alla cosiddetta malattia di Kawasaki, una vasculite sistemica febbrile rara che colpisce i bambini per lo più fino ai 5 anni e con una media di 8 casi su 100mila. La sindrome di Kawasaki è caratterizzata dall’infiammazione dei vasi sanguigni di medie dimensioni, nei casi più gravi associata ad aneurismi delle arterie coronarie che, se non trattati, possono essere mortali. Nei Paesi sviluppati, è la causa più comune di cardiopatia acquisita nei bambini e se non adeguatamente curata costituisce un fattore di rischio per la cardiopatia ischemica nell’età adulta.

“All’ospedale di Bergamo Giovanni XXIII sono 13 i casi registrati nell’ultimo mese, dai neonati ai 16enni, mentre finora ce n’erano stati al massimo quattro all’anno”, spiega al Fatto Quotidiano Lucio Verdoni, reumatologo e pediatria all’ospedale di Bergamo. E ancora, aggiunge: “Solo 2 dei 13 bambini sono risultati positivi al tampone, mentre 11 lo erano al test sierologico” aggiunge. Cifre che rendono abbastanza chiara, lampante, la probabile correlazione con il coronavirus. “Pensiamo che sia una manifestazione dei bambini che hanno contratto il virus in modo asintomatico, per sviluppare poi questa infiammazione a distanza di tempo – aggiunge Verdoni -. Non abbiamo assoluta certezza che sia una patologia causata dal Covid-19, ma certo è che un aumento così significativo di casi in un solo mese, a partire dal 21 marzo e in concomitanza della pandemia, rappresenta un dato molto significativo”. Il quadro clinico poi è consistente con quello da Covid. Nei casi più gravi, i bambini ricoverati a Bergamo hanno sviluppano un’ infiammazione severa del miocardio e sono entrati in terapia intensiva. Insomma, le complicazioni e le minacce del coronavirus, in questo momento, sembrano essere tutto tranne che sotto controllo.

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