Il governo ha chiuso i porti: “L’Italia non è un luogo sicuro”

L’Italia oggi ufficialmente non è un porto sicuro e non lo saranno almeno fino al prossimo 31 luglio, giorno in cui scadrà lo stato di emergenza sanitaria decretato lo scorso 31 gennaio 2020 dal consiglio dei ministri.

A decretare questa scelta è stato il ministero delle infrastrutture, di concerto con quello degli Esteri, della Salute e dell’Interno: “Per l’intero periodo della durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19 – si legge nel documento (leggi qui) redatto dai rappresentanti dei dicasteri sopra menzionati – I porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di “Place of Safety” (Luogo sicuro), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Sar italiana”.

In poche parole, i porti italiani non possono essere considerati sicuri in quanto situati in un territorio dove si sta combattendo contro una delle più gravi emergenze sanitarie degli ultimi anni. Il governo quindi ha deciso finalmente di mettere nero su bianco quanto già ben riscontrabile da settimane, ossia che il nostro territorio non è in grado in questo momento di poter dare accoglienza.

E questo proprio per quanto previsto dalle norme internazionali, non a caso il riferimento nel documento sopra accennato è alle convenzioni ed ai trattati che regolano i comportamenti in mare e la navigazione.

Forse non è un caso che il documento sia uscito proprio in queste ore: da almeno due giorni infatti, alle porte delle nostre acque territoriali “bussa” una nave Ong, ossia la Alan Kurdi della tedesca Sea Eye.

A bordo del mezzo, ci sono 150 migranti recuperati in due distinte operazioni nel Mediterraneo centrale ed il sospetto anche delle nostre autorità era che, nel giro di pochi giorni, l’Ong tedesca potesse chiedere ufficialmente ingresso in Italia. Questo non sarà possibile: i nostri porti non possono essere considerati, come detto in precedenza, sicuri e quindi non possono ospitare nessuno.

Del resto, alla vigilia anche della bella stagione, un aumento dei flussi migratori sarebbe stato molto pericoloso per l’Italia: far ripartire la gigantesca macchina dell’accoglienza, anche per pochi sbarchi, in un momento in cui a dover essere attivata è unicamente la macchina dell’emergenza sarebbe abbondantemente deleterio.

Significherebbe dover distrarre uomini e mezzi dai soccorsi per l’emergenza Covid e dirottarli per la gestione degli sbarchi. Non solo: le autorità dovrebbero faticosamente avviare la ricerca di strutture in grado ad ospitare i migranti in quarantena, circostanza non semplice come riscontrato negli sbarchi di Messina del 27 febbraio scorso e di Lampedusa a metà marzo.

La chiusura dei porti dovrebbe, per il momento, mettere al riparo il nostro Paese almeno fino al 31 luglio rispetto all’emergenza migratoria, in attesa che, si spera quanto prima, passi quella sanitaria. Una prima applicazione di questo decreto si è avuta proprio in merito al sopra citato caso relativo alla Alan Kurdi: “Attualmente, a causa dell’emergenza pandemica Covid19, i porti infatti non presentano più i necessari requisiti sanitari richiesti dalla convenzione di Amburgo – ha spiegato nelle scorse ore il ministero dei trasporti e delle infrastrutture in una nota di risposta alla richiesta di Sea Eye – È quanto stabilito nel decreto interministeriale firmato ieri anche dal ministro Paola De Micheli che aveva già assunto decisioni analoghe per le navi da crociera e le navi passeggeri battenti bandiera straniera”.

“È un decreto ispirato ai principi di tutela della salute dei passeggeri e di eguaglianza di trattamento dei cittadini italiani – continua il comunicato del ministero – ai quali le attuali ordinanze hanno impedito anche lo spostamento da un comune all’altro e dettato norme stringenti per il rientro dai paesi esteri”.

“Al governo tedesco, in qualità di stato di bandiera – si legge ancora nel comunicato del ministero – è stato chiesto di assumere la responsabilità di ogni attività in mare, compreso il porto di sbarco, della Alan Kurdi che in questo momento, oltretutto, non è ancora entrata in acque territoriali italiane. Nella certezza che la Germania manterrà gli impegni assunti, l’esecutivo italiano è pronto a collaborare e il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministero della Salute, ad intervenire se necessario anche con l’utilizzo di mezzi propri, secondo i principi di solidarietà e fraternità con cui da sempre il Paese ha affrontato queste emergenze”.

il giornale.it

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