Coronavirus, assaltano Fontana per gli anziani morti e nascondono quelli di Bonaccini

L’informazione in Italia è ufficialmente entrata nella “Fase due” della lotta al Coronavirus, quella che prevede denunce, veleni e coltellate alla schiena nelle retrovie. La dottrina di Giuseppe Conte, quella del “tutti uniti contro l’emergenza”, al primo accenno di flessione dei contagi è stata rapidamente messa da parte per tornare ai consueti gavettoni di fango in faccia. Ministri e parlamentari dell’attuale maggioranza Pd-M5S stanno provando a scaricare tutto il loro fardello di responsabilità su due avversari: il governatore Attilio Fontana e il suo assessore Giulio Gallera, che presto saranno accusati pure di aver inventato la ricetta del pipistrello all’acqua pazza e di averla servita sulle tavole di Wuhan.

Al centro del dibattito nelle ultime ore c’è in particolare la gestione delle Rsa e degli ospizi della Lombardia, travolti dal Coronavirus. La tesi dei detrattori: tutta colpa della Regione se gli anziani muoiono come mosche. Specialmente al Trivulzio, dove secondo un’inchiesta di Repubblica la gestione della crisi sarebbe stata disastrosa. E la Procura di Milano s’ è mossa aprendo un’indagine su quella e sulle altre case di cura, con capi di imputazione pesanti: “diffusione di epidemie e omicidio colposo”. Roba da decine d’anni di galera. Così è scoppiato il caso. Tutto, però, si ferma al confine dell’amministrazione lombarda, come se il Coronavirus esistesse solo lì. I morti e gli errori commessi oltre il confine, come quelli dell’Emilia di Bonaccini (seconda regione più colpita con oltre 2000 vittime), non fanno tanto parlare. MATTANZA Eppure, anche a Bologna si parla di 50 decessi nei centri per anziani tra positività riconosciute e morti con sintomi sospetti, circa 170 ospiti sicuramente contagiati (la metà ricoverati in ospedale), altri 240 a letto con tosse e febbre in attesa di conoscere i risultati del tampone e più di 200 operatori a casa in malattia. Altri casi simili sono stati registrati, in tutta Italia, dal Lazio alla Sardegna. Nelle Marche le Rsa sono stracolme di infetti. L’altro giorno il vicesindaco di Cingoli (Macerata), ha lanciato un appello in tv: «Qui c’è una casa di riposo che è diventata un lazzaretto». Per non parlare delle proteste dei medici. A Piacenza la procura indaga per capire le ragioni per le quali i sanitari non sono stati dotati delle adeguate protezioni. Forse è stato Fontana a rubare le mascherine a tutti? A far discutere però sono solo la Lombardia e il Trivulzio, azienda che peraltro fa capo anche al Comune di Milano e quindi al sindaco dem Giuseppe Sala. Nessuno sembra ricordarlo, ma Palazzo Marino nomina ben 3 membri su 5 del Consiglio d’amministrazione. Così si scatena la furia di Danilo Toninelli, che ieri ha tuonato contro la «gestione disastrosa delle case di riposo in Lombardia». Con lui il ministro Teresa Bellanova, che è arrivato a invocare «una commissione d’inchiesta» su chi ha seguito la pratica. Curioso da parte del membro di un governo che, con i suoi discorsi alla nazione trasmessi alle due del mattino, ha di fatto innescato un esodo verso il meridione che ha portato l’infezione in città fino ad allora quasi del tutto immuni. Quanti morti sarà costato questo errorino? IL CALCOLO Per quanto riguarda la cosiddetta Baggina, l’articolo da cui parte tutta la querelle, pubblicato da Repubblica, parla di 70 decessi, la gran parte dei quali sarebbero stati archiviati come conseguenza di altre malattie. Ma c’è una svista. In realtà quella è la somma del totale dei trapassi di tutto il mese. Lo scorso anno, nello stesso periodo, erano stati 52 i morti. Lo scostamento è di 19. E 9 di questi sono stati regolarmente denunciati come vittime del nuovo morbo. Di sicuro sarebbe stato giusto fare il tampone anche agli altri, ma va detto che in Italia i casi di questo genere sono migliaia, purtroppo. C’è un’epidemia in corso. Le vittime accertate sono 16mila e quelle non tracciate sono molte altre migliaia. Nel caos generato dall’arrivo del Coronavirus è evidente che saranno stati fatti anche molti errori. Tra questi senza dubbio c’è anche la mancata creazione di una “zona rossa” nella provincia di Bergamo. Ieri sera Conte è tornato sull’argomento. La sua idea: «La Regione avrebbe potuto istituirla in autonomia». E invece ha scelto di agire in cordata con il governo e di chiedere – inutilmente – a Palazzo Chigi di intervenire. In effetti un errore fatale: Fontana impari dalla lezione e non cerchi più l’aiuto del premier, è semplicemente inutile.

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