Mes, accordo ad un passo: così il governo ci consegna agli usurai

Roma, 6 apr – Era il 27 marzo quando, con tono quasi drammatico, il consiglio Ue impiegava ore per trovare la quadra sulla dichiarazione finale. Oggetto del contendere il Meccanismo europeo di stabilità, sul quale Germania e Olanda puntavano per affrontare i problemi economici dovuti all’epidemia ma che per le nazioni del sud appariva come uno strumento improponibile. Quant’è durata la fiera opposizione di Giuseppe Conte e del titolare dell’Economia, Roberto Gualtieri? Dieci giorni. Poco più di una settimana per un’inversione ad ‘U’ che ci fa passare da principali avversari del Mes a sottoscrittori di un accordo in sede europea che lo contempla pienamente.

Il governo Conte si piega al Mes

In vista dell’Eurogruppo di domani, chiamato proprio ad esprimersi in materia, sembra che il governo abbia letteralmente capitolato. Stando a quanto risulta a milanofinanza.it, sarebbe infatti stata raggiunta la quadra attorno ad una serie di strumenti tra cui, per l’appunto, il ricorso al Mes.

Il Meccanismo verrebbe attivato, scrive il quotidiano, “per finanziare nello specifico i servizi sanitari e le misure adottate o da adottare in contrasto allo scoppio della pandemia”, con limitazione al 2% del Pil per ogni Stato membro e a condizioni che verranno precisate in un memorandum of understanding unico per tutti. Il prestito avrebbe durata di 12 mesi (rinnovabile all’occorrenza per altri sei), con un piano di rientro da spalmarsi nei successivi 5/10 anni.

Soldi a strozzo

La bozza di accordo, per come trapelata, nasconde insidie da qualsiasi parte la si guardi. A partire dai numeri: il 2% del Pil rappresenta, per l’Italia, un contributo (in prestito) di meno di 40 miliardi, somma  – comunque insufficiente per le necessità sia di medio che di breve termine – pari all’incirca a quelle già stanziate dall’esecutivo ed in ogni caso facilmente reperibili sul mercato. Se il Mes è stato pensato che quegli Stati in difficoltà nell’accesso al credito, non sembra proprio questo il caso: alle ultime emissioni dei titoli di Stato, la domanda di Bot e Btp è stata sempre superiore (e non di poco: per il Btp decennale andato in asta il 31 marzo la richiesta era di oltre due volte il minimo collocabile) rispetto all’offerta.

In secondo luogo, non è chiara la distinzione fra spese che saranno finanziabili o meno con la linea di credito del Mes. Si parla delle necessità relative alla pandemia, siano esse sanitarie o a tutela del tessuto produttivo. La domanda non è peregrina: chi le deciderà? Oppure saranno oggetto del memorandum? E qui sorge il terzo problema: comunque lo presentino e nonostante le rassicurazioni di prammatica, le condizionalità ci sono eccome. Non poteva essere altrimenti, dato che tale principio è intrinseco e connaturato a qualsiasi dispositivo di assistenza “made in Ue”. Non siamo noi a dirlo ma il Tfue, il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea che all’articolo 136, terzo comma, parla di rigorose condizionalità da applicarsi. L’articolo, a fugare ogni dubbio, è richiamato dallo stesso trattato istitutivo del Mes. Condizionalità che, sia pur leggere ex ante (il memorandum unico per tutti di cui si parla), possono tranquillamente esse modificate in un successivo momento: a decidere sarà il consiglio Ue a maggioranza qualificata, di fronte alla quale Spagna e Italia – le due nazioni che più avevano avversato il ricorso al Meccanismo – non possono far valere, insieme, alcuna minoranza di blocco.

Siamo insomma di fronte ad una forma di “aiuto” – virgolette d’obbligo, visto che si tratta di un prestito, al pari ad esempio del Sure – assolutamente inconsistente, a fronte del quale rischiamo di vincolarci per 5 o 10 anni riducendo ulteriormente i nostri già risicati margini di manovra. Dovendo inoltre sottostare a condizioni che già abbiamo visto quali magnifici risultati abbiano prodotto nel caso della Grecia.

Lega all’attacco

Insorge da Lega, che già all’epoca del governo gialloverde aveva messo in chiaro la sua avversione al Mes e proprio questo tema era stato fra i motivi della caduta del primo esecutivo Conte. “No al Mes o sfiducia al governo”, tuona Salvini. “Vanno avanti, vanno avanti e noi zitti a subire anzi, a preparare i media per dire che è un grande successo”, gli fa eco Claudio Borghi, presidente della commissione bilancio della Camera, che sottolinea: “Adesso BASTA. Siamo stati collaborativi e responsabili fino all’ultimo secondo. Adesso BASTA”.

Filippo Burla

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