Asse Gentiloni-Breton: la nuova proposta in Europa

Paolo Gentiloni e Thierry Breton fanno asse contro la crisi del coronavirus. Il commissario italiano agli Affari Economici e quello francese all’Industria rilanciano pubblicamente una proposta da loro elaborata per dotare la Commissione di Ursula von der Leyendegli strumenti adatti per fronteggiare lo tsunami economico in corso per mezzo di un editoriale pubblicato da diversi quotidiani europei, tra cui il Corriere della Sera.

La proposta di Gentiloni e Breton rilancia e amplia l’iniziale piano del presidente francese Emmanuel Macron, che tra stanziamenti Bce (750 miliardi di euro), fondo anti-disoccupazione Sure (100 miliardi) e nuovi strumenti proponeva di portare a 1.300 miliardi di euro il maxi-pacchetto europeo anticrisi. Ora sul piatto si punta a mettere tra gli 1,5 e gli 1,6 trilioni di euro che, nell’intenzione dei commissari, dovrebbero rappresentare l’equivalente europeo dello stanziamento tedesco da 356 miliardi approvato dal Bundestag, corrispondente al 10% del Pil.

Secondo i due commissari tre sono i principi chiave da seguire: “Nessun Paese deve essere lasciato indietro; nessuna economia può restare la vittima isolata della pandemia; tutti gli Stati membri devono avere un accesso equo e in condizioni simili al debito necessario per finanziare i loro piani”. Propositi che interiorizzano una visione estremamente diversa da quella del fronte del rigore di ispirazione tedesca e che ha nell’Olanda di Mark Rutte il suo maggior sostenitore.

Gentiloni e Breton propongono l’istituzione di un “Fondo europeo espressamente concepito per emettere obbligazioni a lungo termine”, che di fatto sarebbero gli Eurobond, e al suo fianco propongono lo sfruttamento della Banca Europea degli Investimenti, già entrata con tenacia in gioco nella sfida europea alla crisi, e del Meccanismo europeo di stabilità.

Gentiloni e Breton chiedono, infatti, un ricorso al Mes subordinato alla revisione dei criteri di condizionalità per l’erogazione di prestiti e finanziamenti. Come questo possa essere praticabile in tempi di crisi, nel contesto delle ristrettezze imposte dall’incedere della crisi economica, politica e sociale del Vecchio Continente, non è dato saperlo. In punta di diritto, sul Mes ora come ora hanno ragione i falchi del rigore: il Mes è condizionato a severi pacchetti di rigore e austerità, non esistono altre strade legalmente percorribili.

Si intuisce la mano di Macron dietro l’iniziativa del suo “supercommissario” nell’Unione, ex manager di primo piano entrato nella squadra della von der Leyen, a cui Gentiloni non ha potuto non accodarsi per evitare un sostanziale isolamento a se nella Commissione e all’Italia nel dibattito. Parigi sta giocando bene, è d’obbligo ammetterlo, la partita sui due tavoli. Da un lato, fa asse con Roma e Madrid per l‘istituzione di nuovi strumenti anti-crisi e per il superamento della linea del rigore. Dall’altro, non interrompe il dialogo con Berlino, apre a convergenze tattiche sulla proposta da fare all’Eurogruppo, chiede gli Eurobond senza chiudere al Mes a ridotta condizionalità. Con l’obiettivo di capitalizzare ovunque: nei confronti della Germania erodendo spazi d’influenza in Europa. Nei confronti dell’Italia mettendo gli occhi sui tesori finanziari e borsistici del Paese.

Con l’editoriale Gentiloni-Breton Parigi può giocare al rialzo. Chi si deve inserire politicamente è il governo italiano di Giuseppe Conte. Efficace nella pars destruens, ovvero nel rifiuto del Mes in salsa olandese e a una limitazione degli strumenti anti-crisi, meno nell’elaborazione di piani strategici nelle ultime settimane. La postura della Francia è più assertiva, e Roma non può limitarsi ad andare a traino dei cugini d’Oltralpe. Pena una pericolosa irrilevanza.

il giornale.it

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