I campi profughi della Grecia colpiti dal coronavirus

Anche la Grecia, al pari degli altri Paesi dell’Unione europea, sta in queste settimane affrontando la pandemia di Coronavirus. E con le preoccupazioni rivolte alla tenuta del proprio sostrato economico, Atene deve fare i conti anche con i contagi e con i decessi che stanno ancora attraversando la fase ascendente e che rischiano di diventare una sfida per la tenuta del sistema sanitario ellenico.

Nonostante i numeri siano ancora lontani da quelli dell’Europa occidentale (stando ai dati riferiti dalla testata greca Kathimerini, nel Paese ci sarebbero 1’673 contagiati e 68 decessi registrati), appare chiaro come le misure di contenimento siano necessarie per evitare complicazioni della crisi. E se già fin da subito le principali preoccupazioni provenivano dal fragile sistema dell’accoglienza della Grecia dove i migranti sono in eccesso rispetto alle reali capacità dei campi, i primi casi di positività al loro interno rischiano di diventare una bomba sociale e sanitaria di difficile gestione.

La Grecia ha già messo in quarantena due campi profughi

Dopo aver messo in isolamento il campo di Ritsona nella giornata dello scorso giovedì a causa di una ventina di positività al Covid-19, adesso è anche il campo profughi di Malakasa a subire le stesse misure restrittive. In quest’ultimo caso, è stato riscontrato il virus in un uomo afghano che aveva evidenziato una sintomatologia grave e che ha reso necessario il trasferimento in ospedale. Da qui, la conferma e le conseguenti misure di quarantena volte a prevenire una diffusione del focolaio anche al di fuori del campo profughi, che tra le altre includono anche il dispiegamento diretto dell’esercito greco.

Con oltre 110mila migranti sul proprio territorio, la Grecia si trova davanti una difficile sfida. Non soltanto a causa delle difficoltà nel contenere i focolai eventuali che potrebbero scoppiare all’interno dei campi ma soprattutto per le conseguenze sanitarie che ne deriverebbero. Con un alto numero di persone in condizioni precarie, infatti, il virus rischia di essere particolarmente aggressivo, obbligando a trasferimenti in ospedale che potrebbero mettere a dura prova le capacità sanitarie elleniche: e questa volta, a meno di 40 chilometri dalla capitale Atene.

La quarantena greca potrebbe allungarsi?

Lo scoppio di focolai all’interno dei campi profughi – proprio a causa delle condizioni precedentemente sottolineate – rischia di allungare i tempi attesi necessari a dismettere le misure restrittive a cui è sottoposto l’intero popolo greco. Oltre a causare possibili problemi di convivenza sociale, tenute considerate le già non solide basi di partenza, un picco di contagi nei campi profughi renderebbe necessario un allungamento delle tempistiche di contenimento, a causa del maggior rischio di diffusione anche verso la stessa popolazione ellenica. Da qui, il giro di vite imposto dal governo greco guidato dal premier Kiriakos Mitsotakis e volto a limitare le possibilità che, una volta entrato nei centri, il virus possa nuovamente uscirne.

Sebbene questa decisione rischi di diventare anche fonte di critiche da parte delle opposizioni, la misura è necessaria nella salvaguardia della salute di tutti, sia cittadini greci che migranti stessi. Tuttavia, la durezza rappresentata da un contenimento forzato tramite l’esercito sarà facilmente anche causa di tensioni che potrebbero riaccendere vecchi discorsi e problematiche sempre in voga nel Paese. E nonostante le promesse dell’Europa di giungere in aiuto del Paese, in questo momento Atene è lasciata ancora una volta da sola a combattere su due difficili fronti.

il giornale.it

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