Arriva l’unità “anti fake news” del governo formata da Repubblica e Puente (non è uno scherzo)

Roma, 5 apr – Facciamo un gioco. Il presidente del Consiglio si chiama Matteo Salvini. Per gestire un’emergenza sanitaria sospende de facto l’attività del Parlamento, limita la libertà di tutti gli italiani a colpi di decreti “personali” (Dpcm), annuncia le misure più gravi della storia repubblicana dalla sua pagina Facebook (aumentando di un milione i follower in un mese) e, al fine di garantire un’informazione “corretta” in merito all’emergenza, fa nominare dal suo sottosegretario una task force anti “fake news” dove i primi tre nomi sono Maurizio Belpietro, Giovanni Sallusti e Francesca Totolo. Sembra incredibile eh? Bisogna gridare al golpe non credete? Eppure è quello che sta accadendo, ovviamente a parti invertite.

L’annuncio del sottosegretario Martella

Andrea Martella, dirigente Pd attualmente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’editoria, ha annunciato di aver istituito una “task force” che si occuperà di contrasto alle fake news. “Uno strumento per combattere la disinformazione che indebolisce lo sforzo di contenimento del contagio, un passaggio doveroso, a fronte della massiccia, crescente diffusione di disinformazione e fake news relative all’emergenza COVID-19“. Sostanzialmente uno strumento di censura. Ma questo non si può dire e allora Martella quando parla dell’aspetto operativo dell’unità anti-bufale resta un po’ sul vago: “La struttura avrà vari compiti ed obiettivi”, dice Martella, “tra cui l’analisi delle modalità e delle fonti che generano e diffondono le fake news, il coinvolgimento di cittadini ed utenti social per rafforzare la rete di individuazione, il lavoro di sensibilizzazione attraverso campagne di comunicazione”.

Una task force anti-sovranista

Insomma non si capisce bene come si concretizzerà questo “contrasto” alle fake news. Molto più chiara la connotazione politica di questa unità speciale. Considerando che il fact-checking in Italia ha una dimensione esclusivamente anti-sovranista, era abbastanza prevedibile la composizione dell’unità non sarebbe stata trasversale. I tre nomi pesanti sono quelli di Riccardo Luna, editorialista di Repubblica, Francesco Piccinini, direttore di Fanpage e David Puente, debunker di Open. Seguono poi dei nominativi più “tecnici”, tra cui il prof. Ruben Razzante (che cura un blog sull’Huffington Post), Luisa Verdoliva altra professoressa universitaria, Giovanni Zagni direttore di Pagella Politica, il medico divulgatore Roberta Villa e la ricercatrice universitaria della Cà Foscari (stessa università dove si è laureato il sottosegretario Martella) Fabiana Zollo.

Bufale ed errori dei “super debunker”

Sorge una domanda. Ma oltre ai dubbi sull’utilità di uno strumento del genere – che non può non farci temere per la libertà di espressione e la deriva censoria e liberticida – chi può affermare che queste persone, e i media che rappresentano, possano ricoprire un simile ruolo di vigilanza? Cosa ci dice ad esempio Riccardo Luna delle numerose fake news pubblicate da Repubblica, come la “nuvola sardina”, o le notizie inventate di sana pianta dal suo collega Paolo Berizzi, per non parlare dei numeri fasulli degli insulti a Liliana Segre? Il link all’ultima notizia poi fa riferimento ad un pezzo pubblicato proprio da David Puente, neo compagno di squadra di Luna, il quale ha sbugiardato (con un’inconsueta educazione) la bufala diffusa da Repubblica. Ma lo stesso Puente non è certo uno che non ha commesso errori clamorosi, come il debunking di pagine chiaramente ironiche (per non parlare delle sue le sue carenze in ambito di diritto). 

Quando Fanpage diceva di abbracciare i cinesi

E che dire dell’imparzialità di Francesco Piccinini? Uno che ogni 3-4 mesi partecipa e modera gli incontri di Potere al Popolo. Alcuni servizi di Fanpage su famiglie arcobaleno e immigrazione non sembrano avere molto a che fare con il giornalismo, quanto con vere e proprie campagne politiche di sensibilizzazione. Stessa cosa accaduta con la campagna, realizzata sempre dal media diretto da Piccinini,“abbracciami non sono un virus“, dove Fanpage ha sostanzialmente messo a rischio la salute dei cittadini per ragioni ideologiche, incentivando gli abbracci (a cittadini cinesi e non). E’ questa la prima linea della “task force” anti fake news sul coronavirus? Andiamo bene.

E le bufale di esperti ed istituzioni?

Ma soprattutto cosa faranno i volontari al servizio del sottosegretario Martella contro le fake news dei media mainstream, delle istituzioni o dei presunti esperti? Vigileranno anche su quelle o la loro scure si abbatterà solo sulle catene whatsapp? E’ più dannoso che sullo smartphone ti arrivi un vecchio (e reale) servizio del Tgr Leonardo stimolando magari un’associazione impropria con l’attuale pandemia, o che il ministero della Salute fino a pochi mesi fa diffondeva video in cui si minimizzava l’entità e la trasmissibilità del contagio? Perché la realtà è che la disinformazione fino ad oggi è arrivata soprattutto dall’alto, tra le risatine di Zingaretti o i proclami della virologa Gismondo (miss “è come un’influenza”). Per non parlare delle informazioni contraddittorie fornite dagli esperti sull’utilizzo delle mascherine, inizialmente sconsigliato da molti scienziati (e deriso da Mentana) ed oggi reso praticamente obbligatorio per tutti.In questa pandemia il caos e la disinformazione hanno regnato soprattutto nelle stanze del potere e sui media mainstream. E’ davvero utile una task force contro le catene whatsapp e i video su telegram? La risposta è no, lo sguardo sulla corretta informazione va posto altrove. Andrà a finire come sempre: si scrive contrasto alle fake news, si legge censura.Davide Di Stefano

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