Tremonti: “La globalizzazione e il mercato hanno fallito. Ora deve tornare lo Stato”

Roma, 30 mar – La pandemia da coronavirus ha fatto emergere tutti i limiti e le storture della globalizzazione e del mondo costruito a sua immagine e somiglianza. In particolare, ha reso evidente che, nei momenti di emergenza, l’impersonalità del mercato «autoregolato» non può nulla, laddove la sovranità politica, se non può tutto, è comunque l’unica che possa salvarci. Se ne dice certo Giulio Tremonti: il coronavirus «pone fine al dorato trentennio della globalizzazione e al prodotto “illuminato” di quella che è stata l’ultima “ideologia” del Novecento, il “mercatismo”: l’idea che il divino mercato è tutto e fa tutto», ha detto l’ex ministro dell’Economia in un’intervista al Giornale.

«Il mercatismo è morto»

Infatti, sottolinea Tremonti, «nell’ideologia del “mercatismo”, il mercato era tutto e lo Stato niente. Il divino mercato era la macchina e la matrice progressiva e positiva di ogni bene. Per contro lo Stato era un fattore ostacolo». Per rendere l’idea della svolta epocale che ci attende, l’ex ministro paragona questa pandemia allo sparo di Sarajevo del 1914 che pose fine alla Belle époque e diede la scintilla alla prima guerra mondiale: «Come il vecchio mondo era “liberté, égalité, fraternité”, così il mondo successivo, un mondo che ora ci si svela effimero, è stato “globalité, marché, monnaie”». Tremonti, infatti, non considera il coronavirus tanto un’ecatombe sanitaria, quanto piuttosto il segnale che un mondo è finito: «Come è già stato nella Storia, anche questa pandemia sarà battuta dalla scienza: la Storia dell’umanità è cambiata con la scoperta della penicillina. La “tragedia” non è tanto nella pandemia in sé e nei suoi effetti sanitari quanto nel fatto che svela i limiti della globalizzazione. Una volta usciti dal lockdown ne troviamo le macerie».

Per Tremonti serve un ritorno dello Stato

Dopo aver criticato aspramente l’Unione europea e il Mes, definito come un vero e proprio «raggiro», Tremonti si sofferma anche sul post-pandemia: «La prospettiva a cui si dovrebbe poter guardare – ha detto – non è solo quella delle macerie della globalizzazione ma quella della ricostruzione. Un mondo che dovrebbe tornare ad essere quello che è stato possibile ancora negli anni Ottanta e Novanta, diverso da quello che si è rivelato prima illusorio e poi impossibile con gli ultimi anni, gli anni della estrema globalizzazione. Dopo l’ideologia del divino mercato, il ritorno dello Stato». E il ritorno dello Stato significherebbe, ovviamente, anche il ritorno della politica, sacrificata dal globalismo sull’altare dell’economia e della governance impersonale e, appunto, impolitica. Significherebbe, in una parola, il ritorno della sovranità.

Valerio Benedetti

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