La rivolta degli scienziati: il governo non sa contare

Saremo santi, poeti e navigatori ma con i numeri lasciamo a desiderare. Perlomeno a Palazzo Chigi: la quotidiana conferenza stampa con cui si comunicano le cifre sul coronavirus è diventata il bersaglio di esperti da tutta Italia.

Appare chiaro che il modo in cui vengono rilevati, analizzati e presentati i dati è totalmente sballato.

I termini della questione sono comprensibili anche per i non addetti ai lavori. Se il numero degli infetti scende, dal governo si felicitano: le misure stanno funzionando. Se all’improvviso il numero degli infetti risale, si lanciano ipotesi giustificatorie: “Forse è perché ieri sono stati fatti più tamponi” oppure “alcuni dati forse non erano stati comunicati dai laboratori”. Ma allora se il numero dei tamponi decide l’andamento del contagio, non è un dato decisivo di cui andrebbe tenuto conto ogni giorno?

Enrico Bucci, docente di Biologia dei sistemi alla Temple University di Philadelphia, ha spiegato che i tamponi in Italia sono eseguiti con modalità molto disomogenee e questo complica gli studi sul coronavirus. Basta masticare un minimo di statistica per capire che se ogni territorio fa i tamponi con un criterio diverso (a tappeto, ai soli sintomatici, ai soli malati) i risultati non si possono comparare.

Ma in realtà è molto peggio: se è in base a questi numeri che si prendono le decisioni sulla durata del lockdown, sulle prospettive di aiuti economici, sull’andamento dell’economia, ecco svelato perché l’Italia si sta muovendo al buio.

E quello degli esperti sta diventando un coro. Il virologo Roberto Burioni si dice contrario alla fine del lockdown, ma a chi gli chiede come va la curva dei contagi, spiega: “La curva non esiste perché i dati che ci leggono ogni giorno alle 18 non hanno molto senso. Una delle cose che dovremmo fare è per l’appunto metterci in condizioni di avere dei dati affidabili”. “Bisogna secondo me 1) fare tamponi ogni settimana su un campione della popolazione per vedere l’andamento reale dell’epidemia 2) ricercare gli anticorpi nella popolazione per capire quanti hanno effettivamente contratto la malattia in queste settimane”.

Già i campioni. I tamponi andrebbero fatti su campioni rappresentativi della popolazione e della diffusione della malattia, come si fa, o si tenta di fare, con i sondaggi elettorali. E infatti è stato proprio un sondaggista, Lorenzo Pregliasco di Youtrend, a spiegare al Giornale.it che i numeri dei tamponi sono falsati: “Vengono comunicati i dati dei test, ma su ogni persona sospetta ne vengono eseguiti anche due o tre. Quindi il numero delle persone effettivamente testato è di molto inferiore”.

La ricerca di un metodo più razionale di quello attuale assilla la comunità scientifica. Che prova a lanciare segnali al governo. Giorni fa ci aveva provato l’ex presidente dell’Agenzia spaziale Roberto Battiston con un intervento dal titolo significativo: Il diritto di contare bene. “Le curve – spiegava sull’Huffington Post – dicono che le variazioni quotidiane dei nuovi contagi sono direttamente legate al numero di tamponi che si effettuano. L’Italia deve mobilitare una grande squadra per la ricerca sistematica e l’isolamento dei contagiati”. E due ex presidenti dell’Istat, Giorgio Alleva e Alberto Zuliani, hanno posto problemi analoghi proponendo al governo, insieme ad altri colleghi, di procedere “a testare il tampone con un vero campione statistico”. Confortando il sospetto che in Italia a contare siano le persone sbagliate.

il giornale.it

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