Covid-19, Sileri ammette che il governo naviga a vista: “Non sappiamo quando ne usciremo”


Incubo coronavirus finito per Pierpaolo Sileri, che il 13 marzo ha saputo di essere positivo. Il viceministro alla Salute sta aspettando il nulla osta della Asl che certifichi la guarigione, ma già adesso può annunciare “sto bene, ne sono fuori”. Anche il secondo tampone, fatto l’altro ieri, infatti, ha dato esito negativo.

“Nessuno sa quando ne usciremo”

“Ho avuto paura”, ha confessato Sileri, spiegando che, da orfano di un padre morto a 45 anni, il suo pensiero era per la moglie, Giada, e per il figlio Ludovico di 8 mesi. “Ho pensato all’ingiustizia che avrebbe vissuto anche lui crescendo senza padre come me”, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera. È stato poi ai microfoni di 24 Mattino, su Radio 24, che il viceministro ha affrontato il tema dell’uscita dall’emergenza. “Sarà graduale. Tutti noi – ha spiegato – siamo chiusi in casa e preoccupati, perché non abbiamo nemmeno una data”. “La verità – ha chiarito – è che nessuno sa qual è la data della fine di questa situazione. Dipenderà da ognuno di noi: più rispettiamo le regole oggi, minore sarà la durata”.

“Non sappiamo quante mascherine servano”

Nessun dato certo anche per quanto riguarda il fabbisogno di dispositivi di protezione necessari. Secondo il viceministro, “è evidente che vi è carenza di mascherine in tutta Europa, era anche prevedibile”. Detto ciò, mentre si fanno gli approvvigionamenti anche dall’estero, non è chiaro quante ne serviranno ancora davvero. “Questo dipende da quanto durerà ancora questa ondata epidemica”, ha chiarito Sileri, per il quale le mascherine devono essere date innanzi tutto agli operatori sanitari e a tutti coloro che al momento hanno una funzione pubblica, compresa la cassiera del supermercato“.

Sileri: “Al Nord devono poter fare più tamponi”

Infine una riflessione sui test diagnostici. Sileri si è detto da sempre favorevole alla “politica dei tamponi”. “Devono essere fatti a tutti coloro che hanno sintomi, anche lievi, e poi a tutti i contatti di coloro che sono risultati positivi. Tutti gli operatori sanitari devono fare il tampone per proteggere se stessi, i pazienti e le loro famiglie”. “Poi servono i tamponi sentinella. Quelli a pazienti asintomatici che magari si trovano in aree con focolai ampi”, ha detto Sileri, spiegando di “restare basito” per il fatto che solo certi laboratori possano eseguire i test e che solo l’Iss possa certificarli. Ma è soprattutto al Nord che va reso possibile un impiego più ampio dei tamponi. “Il Nord è stato investito da uno tsunami. È evidente che devono esserci più risorse per queste aree, che deve esserci più libertà nel fare i tamponi. E che più soldi per la ricerca – ha concluso Sileri – vadano nelle aree in cui vengono trattati più pazienti”.

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