Adesso i coronabond sono impossibili senza un commissariamento dell’Italia

I punti da cui partire sono sostanzialmente due. Il primo riguarda la convergenza dei partner europei verso l’idea di utilizzare il Mes come trampolino di lancio dei coronabond.

Tutt’altro che facile da trovare perché le obbligazioni altro non sarebbero che una forma di mutualizzazione del debito. Ogni discorso sul lancio degli eurobond, un’ipotesi già circolata fin ai tempi della crisi del debito sovrano, è sempre finito sul binario morto. In Germania, debito ha lo stesso significato di colpa, e i tedeschi non hanno mai voluto saperne di condividere le colpe altrui. Non a caso, Angela Merkel è finora stata molto evasiva: «Coronabond? – ha detto – Per ora non c’è una decisione». La cancelliera si muove coi piedi di piombo: sa bene che far digerire una proposta del genere anche solo all’interno di un governo poco disposto a far sconti a Paesi come l’Italia, sarà tutt’altro che facile. Gli economisti di Goldman Sachs si dicono infatti «scettici» sul fatto che i governi dell’Eurozona possano raggiungere «un accordo» superando uno degli elementi più divisivi, cioè la messa in comune dell’indebitamento. E confidano sulla capacità del programma di acquisto titoli messo in campo dalla Bce guidata da Christine Lagarde che «dovrebbe contribuire a contenere i rischi sovrani nell’Europa meridionale».

Ma anche ipotizzando che i governi dell’eurozona riescano a trovare la quadra, la strada verso l’emissione dei coronabond resta in salita. Soprattutto se si deciderà di usare il fondo salva-Stati, il cui limite è dato dal fatto che a differenza della Bce non può stampare moneta, la cosiddetta fiat money. Ora: il Mes, di cui il nostro Paese è il terzo azionista con il 17,8%, ha una potenza di fuoco di circa 410 miliardi di euro. Quattrini che potrebbero risultare insufficienti come azione di contrasto alla recessione provocata dalla pandemia. Dove verrebbero reperite le risorse mancanti? Non certo dagli Stati in sofferenza, come l’Italia, che avrebbero invece bisogno di aiuti finanziari senza dover sottostare ai vincoli previsti dallo stesso meccanismo di stabilità. Perché il problema è proprio questo. Con le regole attuali, stante che la riforma del Mes pare essere stata al momento congelata dall’emergenza Covid-19, è previsto che i Paesi con squilibri eccessivi – e tra questi c’è ovviamente anche il nostro – debbano sforbiciare il debito prima di poter beneficiare dei fondi. Un’azione impossibile soprattutto ora che, senza calcolare le ricadute da spread sulla finanza pubblica, il prevedibile crollo del Pil provocherà un automatico innalzamento dei debiti. E, in ogni caso, per così come è formulato ora, il fondo salva-Stati pretende profonde riforme strutturali che equivalgono a un commissariamento. Vale a dire, tagli alle pensioni, al pubblico impiego e ai servizi pubblici, da abbinare verosimilmente a un piano tutto tasse e privatizzazioni. Resta da capire se, e come, i governi riusciranno a eliminare questi macigni che sbarrano la strada ai coronabond.

il giornale.it

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