Rabbia e blocchi: il sistema migratorio della Grecia al collasso

Non sono servite le lunghe proteste dell’ultimo mese da parte della popolazione insulare greca a fermare le volontà del governo di Atene guidato da Kiriakos Mitsotakis di costruire una nuova serie di centri di detenzione e di accoglienza nell’Egeo. Per questo motivo, le organizzazioni spontanee dei locali – sostenute dalle autorità di Samo, Chio e Lesbo – hanno deciso di passare all’azione, boicottando il piano infrastrutturale voluto dal ministro Notis Mitarakis e ideato per potenziare il sistema di accoglienza-respingimento.

Le paure della popolazione dell’Egeo

Al centro delle proteste ci sarebbero i timori legati alla possibilità che i centri promessi dal governo – contrariamente a quanto dichiarato – non si rivelino essere centri di detenzioni in attesa dell’espulsione, bensì cardine dell’accoglienza. In questo modo, le capacità ricettive delle isole di Samo, Lesbo e Chio verrebbero ulteriormente potenziate, aumentando il numero di migranti presenti sulle isole. Considerando i rapporti già tesi tra i profughi ed i locali, la mossa è stata vista negativamente dalla popolazione greca, che ha deciso di prendere parte all’azione volta a fermare le volontà di Atene.

Stando a quanto riferito da Ekathimerini, i portavoce della protesta avrebbero reso noto come siano disposti a presidiare giorno e notte i terreni destinati alla costruzione delle nuove infrastrutture, poiché non li vogliono. E nel caso in cui qualcosa iniziasse a muoversi, ulteriore popolazione locale sarebbe decisa ad unirsi alle proteste, nell’ottica di bloccare i lavori e denunciare il problema con fragore internazionale.

Le isole greche sono il fulcro dell’immigrazione balcanica

Dall’inizio delle ondate migratorie e soprattutto dopo l’inizio della guerra civile siriana, la Grecia è diventata il percorso privilegiato per la tratta migratoria orientale, con la rotta dell’Egeo che dall’inizio della stagione invernale ha dovuto già accogliere oltre 4mila rifugiati. I numeri, che si aggiungono a quelli già presenti nella regione, hanno portato nuovamente il sistema dell’accoglienza greco al collasso, con le tendopoli al limite delle proprie capacità e con le condizioni igieniche sempre più scarse. Problema che si rivolta anche contro la stessa popolazione delle isole, che deve tutti i giorni far fronte con dei nuovi arrivi e con una saturazione ancora più evidente delle strutture; ripercuotendosi sul turismo e sulla vita degli abitanti dell’Egeo.

In questo scenario, le tensioni sono cresciute e nonostante le autorità locali abbiano già in più occasioni segnalato il proprio malcontento e la rabbia della popolazione, Atene – stando al punto di vista degli abitanti insulari – non avrebbe fatto abbastanza per migliorare la situazione. Scendere sulle strade ed occupare i terreni destinati alle nuove strutture, in ultima battuta, altro non sarebbe che un disperato tentativo di evidenziare quelli che sono i malumori dei greci.

E l’Europa si gira dall’altra parte

Nonostante la Grecia abbia in più occasioni sostenuto che da sola non sia in grado di far fronte alle ondate migratorie, negli ultimi anni Atene è stata lasciata quasi sempre a se stessa nella gestione della crisi. Le gravi difficoltà economiche non ancora del tutto superate ed un sistema di accoglienza al punto di saturo non hanno fatto altro che peggiorare ulteriormente la situazione, con l’Europa che più volte ha preferito volgere lo sguardo in un’altra direzione.

Oltre a qualche pacca sulla spalla ed al ringraziamento per il lavoro svolto, da Bruxelles tanti aiuti – se non simbolici – non sono mai arrivati; e l’esempio lampante è in questo contesto le posizioni controverse tenute nei confronti della Turchia, porto di partenza per i profughi diretti in Europa.

L’attuale condizione del sistema greco dovrebbe però indurre Bruxelles a muoversi con assoluta celerità, al fine di evitare ulteriori complicanze che potrebbero degenerare in una xenofobia totale causata dal troppo peso sopportato negli ultimi anni. Ed a quel punto, cercare una mediazione con la popolazione e le istituzioni locali diverrebbe veramente impossibile, traducendosi nell’ennesimo fallimento del sistema migratorio allargato europeo.

il giornale.it

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