Se il giustizialismo ostacola la ripresa

La produzione industriale del dicembre 2019 è scesa del 2,7% su novembre. Ancor peggio accade per quella dell’ultimo trimestre 2019, calata del 5,1% sul trimestre precedente.

La conseguenza di ciò è che nel complesso del 2019 vi è una diminuzione della produzione industriale dell’1,3% sull’anno precedente. Una riduzione che dovrebbe preoccupare sia per la sua entità, sia per il fatto che in larga misura dipende da un calo di più di 5 punti nell’ultimo trimestre dell’anno, che si ripercuote sul primo di quest’anno. Sul quale grava anche l’incognita degli effetti economici negativi del coronavirus cinese di cui il governo ancora non si è occupato, o addirittura si occupa in modo negativo, come fa avanzando la proposta di aumentare le imposte sugli alberghi e i ristoranti che già subiscono gravi danni dal blocco del turismo cinese e dalla psicosi sulle contaminazioni.

Nel calo della produzione industriale emerge che il gruppo dei settori negativi si riferisce soprattutto agli investimenti. Su base annua vi è un -4,1% delle attività estrattive, che sono soprattutto le cave per i materiali edilizi e il cemento; un -4,4 è nei mezzi di trasporto, in parte automobili per uso privato, in larga misura veicoli industriali, materiale rotabile, navigli, porti, aerei, metrò e altri mezzi pubblici; -3,1 gomma (che riguarda i mezzi di trasporto); -4,1 metallurgia, che in larga misura concerne gli impieghi di acciaio e altri metalli nei beni di investimento; -2,9 macchinari e attrezzature.

Il calo degli investimenti riguarda il pubblico e il privato. Nel settore pubblico ci sono i ritardi nei lavori per la Tav Torino-Lione e per la ricostruzione dal terremoto; ma c’è anche il blocco di grandi opere che è difficile sbloccare perché è stata abrogata la legge Obiettivo ideata da Berlusconi che li snelliva. Il bilancio pubblico è in deficit al 2,5% circa a causa della propensione delle sinistre e dei pentastellati per le spese correnti, che genera il diniego agli investimenti. E un’altra patologia dal governo Monti caratterizza la nostra sinistra: l’antipatia per l’investimento immobiliare: ecco la nuova Imu e la abrogazione della cedolare secca per gli esercizi commerciali. Accanto a queste patologie endemiche ve ne è un’altra, che riguarda gli investimenti privati e che è determinata dal fatto che il governo attuale assomma ai post comunisti e cattocomunisti i pentastellati. L’ibrido connubio ha partorito una nuova ondata di giustizialismo manettaro, che si manifesta da un lato negando lo scudo penale ad Arcelor Mittal e dall’altro con la abrogazione mediante decreti legge (cosa inaudita) delle norme penali e sulla prescrizione. Ciò riguarda i processi per reati fiscali, reati bancari e finanziari, fallimentari, nei lavori pubblici, nei bilanci nonché i reati dei pubblici amministratori e dei loro dipendenti eccetera. Il giustizialismo manettaro comporta che il crollo del ponte Morandi, oltre a dar luogo a un processo per il caso in questione, autorizza a togliere la concessione alla multinazionale che gestisce questa autostrada, dimenticando che c’è un pubblico di azionisti che hanno investito in questa società e che non la controllano. La concessione andrebbe a una società statale. La mania di statizzazione si estende alle imprese in crisi come Alitalia e l’acciaieria di Taranto. In più ci sono le norme retroattive, come quella sulle pensioni d’oro dei manager, come se il capitalismo fosse una colpa. Chi osa investire in Italia con le incertezze create da tutto ciò?

il giornale.it

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