Bonaccini fa scadere i termini. E non spiega i 300 casi sulla sanità

Tempo scaduto. Il nuovo termine per “rispondere” alle interrogazioni sulla sanità emiliana decadeva lunedì 20 gennaio. La giunta di Stefano Bonaccini avrebbe dovuto mettere nero su bianco le sue posizioni in merito al dossier di oltre 300 casi segnalati dalla Lega sui presunti disservizi negli ospedali regionali.

Eppure di quelle tanto attese risposte, per ora non c’è alcuna traccia.

Un ritardo può anche capitare, per carità. I casi da studiare erano tanti e “il grado di appropriatezza” non eccessivo. Ma il tema in questi giorni è caldo: tra quattro giorni gli elettori saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente e la sanità è il punto centrale di un’infuocata campagna elettorale. Per questo (forse) ci si sarebbe aspettati maggior tempismo da parte della giunta piddina. Anche perché la Regione era sembrata disponibile a rispondere il più celermente possibile. Quando Lucia Borgonzoni negli studi di Cartabianca gli presentò il fornito pacco di carte con le 300 segnalazioni dei cittadini, il presidente uscente si disse pronto a esaminarle perché “rispondiamo a tutti”. Poi l’assessore si spinse oltre: “Gli uffici non sono felicissimi, perché il grado di appropriatezza non sarà eccessivo – disse Sergio Venturi – ma faremo il nostro lavoro fino in fondo”. Assicurando che avrebbe fatto avere le risposte “nei tempi giusti”.Sanità, quel dossier con oltre 300 casi: “Le visite? Si fa prima a morire”

Ecco: i tempi giusti. Le interrogazioni sono state depositate dal consigliere leghista Daniele Marchetti tra la fine novembre e l’inizio dicembre del 2019. Per quanto riguarda gli atti meno recenti, era stata fissata una prima scadenza al 21 dicembre. Poi è stato chiesto un “raddoppio del tempo” e così il “nuovo termine” è slittato al 20 gennaio. Il calendario non mente: ora il tempo è scaduto. Sul sito ufficiale, però, mentre scriviamo, non è ancora possibile conoscere la posizione della giunta. Neppure un semplice “non abbiamo fatto in tempo”. “Non ho ricevuto alcuna risposta a quel pacchetto”, conferma Marchetti al Giornale.it. “E non mi risultano neppure altre richieste di proroga”.

Il motivo del contendere sono circa 380 documenti, frutto della raccolta delle varie segnalazioni fatte dai cittadini su presunti disservizi in ambito ospedaliero. Tolte le interrogazioni (oggettivamente) un po’ forzate, vi erano alcune denunce su cui sarebbe stato interessante avere delle risposte. Anche solo per consegnare agli elettori un quadro più completo sulla sanità emiliana. Facciamo qualche esempio. “Quando mi sono operato – è una delle segnalazioni – medici, infermieri e personale vario si lamentavano per le carenze di personale e per lo sfruttamento con turni stressanti. Non solo lì, ma anche nelle altre strutture regionali”. Oppure la storia di un signore che a ottobre è andato a prenotare un elettrocardiogramma e “il primo posto libero” era a “giugno del 2020 all’ospedale di Castelfranco Emilia”. “Tornato a casa – racconta un parente – abbiamo telefonato per andare a pagamento e anticipare il tutto. C’è andato due giorni dopo in un centro privato alla modica cifra di 85 euro”.“O muoio di dolore oppure pago”. Ecco la sanità di Bonaccini

Dello stato della sanità emiliana abbiamo parlato dettagliatamente. La professionalità è ottima, inutile nasconderlo. Ma non mancano le zone d’ombra a livello organizzativo. Abbiamo trattato le agende chiuse, gli appuntamenti assegnati in ospedali lontano dalla città e le visite a pagamento in tempi brevi (leggi qui). Senza dimenticare la questione dei punti nascita chiusi (leggi) e poi della promessa riapertura (leggi). Avremo anche modo di approfondire lo scontento di medici, infermieri e operatori degli ospedali. “Vogliamo migliorare le liste d’attesa e c’è un programma per migliorare i pronto soccorso”, ha detto ieri Bonaccini come ad ammettere che la perfezione non è di questo mondo.

Di casi da narrare, documenti alla mano, ce ne sarebbero a bizzeffe. A luglio 2019, per esempio, un paziente che aveva bisogno di un trattamento chirurgico è stato rimandato a cinque anni dopo. A Cesenatico chi ha prenotato a novembre due esami di “densitometria ossea a raggi X” dovrà attendere fino al 2021. E un test di intolleranza al lattosio richiesto a gennaio è stato rinviato a settembre, otto mesi dopo. “È una regione che non funziona più”, si leggeva tra le segnalazioni riportate nelle interrogazioni. Magari non è così, per carità. E alla giunta per replicare sarebbe bastato rispondere alle interrogazioni. Peccato sia finita fuori tempo massimo.

5) continua

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