Ex Ilva, Arcelor Mittal mette 3500 dipendenti in cassa integrazione

Arcelor Mittal avrebbe aperto la procedura di cassa integrazione straordinaria per 3500 lavoratori.

Lo si apprende da fonti sindacali. La procedura riguarderebbe lo stabilimento siderurgico di Taranto. La decisione dall’azienda franco-indiana è stata presa in seguito della prossima fermata dell’altoforno 2 annunciata dalla magistratura ieri di Taranto.

Da luglio scorso Mittal aveva solo applicato la cassa integrazione ordinaria per la crisi di mercato. I 3.500 includono anche i 1.273 per i quali l’azienda nei giorni scorsi aveva già chiesto una seconda proroga della cassa integrazione ordinaria a partire dalla fine dell’anno.

I tre sindacati Fim, Fiom e Uilm contestano duramente ArcelorMittal per il ricorso a un provvedimento di cassa integrazione così massiccio. Domani, in occasione dell’incontro al Mise organizzato dal ministro per lo sviluppo economico Stefano Putuanelli, Fim, Fiom e Uilm chiederanno “con forza”, come annunciano in una nota inviata agli organi di stampa, “di fare chiarezza su una procedura di cassa integrazione che, di fatto, sostituirebbe l’attuale”.

“È giunto il momento da parte del govero di Ilva in amministrazione straordinaria – continuano i sindacalisti nella nota -di fare chiarezza sul futuro ambientale, occupazionale e industriale di un sito di interesse strategicoo per il Paese.”. Perché si appellano al governo e a Ilva in amministrazione straordinaria? Perché sono, di fatto, i proprietari dello stabilimento siderurgico. Mentre Arcelor Mittal è l’affittuario.

Ad annunciare sui social la decisione della società franco-indiana è stato Marco Bentivogli. In un post su Twitter, il segretario generale della federazione italiana metalmeccanici scrive: “#ArcelorMittal: primo effetto chiusura #Afo2 apertura procedura per 3500 in cassa integrazione straordinaria (includendo i 1273 già in cassa integrazione ordinaria). Ecco chi paga il pasticcio politico e il flipper giudiziario: ambiente e lavoratori”.

Certo si poteva immaginare che la decisione del giudice Francesco Maccagno avrebbe avuto delle ripercussioni forti sull’azienda. Ricordiamo che ieri è stata negata dal tribunale di Taranto la proroga, richiesta dai commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria (Corrado Carruba, Piero Gnudi ed Enrico Laghi), per l’uso dell’altoforno 2 dell’ex Ilva da parte di ArcelorMittal con l’obiettivo di eseguire ulteriori lavori di messa in sicurezza.

E già ieri il leader della Uilm, Rocco Palombella, lo aveva annunciato: “Con la fermata dell’altoforno 2 si prefigurano scenari preoccupanti che potrebbero portare fino alla chiusura dello stabilimento di Taranto e alla fermata degli altri siti italiani del gruppo. Questa decisione, inoltre, potrà inasprire il contenzioso tra Arcelor Mittal e lo Stato italiano”. Non resta che aspettare l’incontro di domani al Mise tra i sindacati e l’azienda.

il giornale.it

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