Le banche italiane bocciano la riforma del Mes

La rivelazione del nuovo trattato avallato in autonomia da Giuseppe Conte sul Fondo salva-Stati, senza coinvolgere il Parlamento, ha scoperchiato un autentico vaso di Pandora. Anche perché adesso stanno arrivando numerose reazioni che mettono nel mirino l’operato del premier e lo accusano, in alcuni casi, come ha fatto Matteo Salvini, addirittura di “alto tradimento”. L’”avvocato del popolo” ha respinto le accuse del leader leghista e anzi, ha rimarcato come il negoziato sulla riforma del Mes sia in corso da un anno, che la sua revisione non è stata votata in nessun vertice europeo e che lo stesso Salvini partecipava a quei tavoli. Ma oltre alla politica, il tema nuovo Mes ha toccato anche il mondo finanziario. E così il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, durante un evento tenutosi a Bruxelles, ha lanciato un aut aut: “Le banche non sono state informate sulla riforma del Mes. Se passa non compriamo più titoli di Stato”.

Le banche italiane bocciano la riforma del Mes

Insomma, il presunto “fai da te” di Conte ha fatto infuriare il mondo bancario, che adesso minaccia l’ammutinamento. Patuelli, furioso con l’esecutivo, non ci sta: “I problemi diventeranno tutti nostri, e già ne abbiamo a sufficienza. Questo è un problema delle istituzioni della Repubblica e noi ne facciamo parte. Chiedete agli esponenti del governo perché non ci hanno consultati. I titoli di Stato italiani? Non li compreremo più, non abbiamo un vincolo di portafoglio che ci costringe a comprarne una certa quantità. Da investitore il mio problema è vedere cosa fa la Repubblica italiana per tutelare il debito pubblico sovrano, la maggior parte del quale sottoscritto da soggetti nazionali”. Ma perché Patuelli e le banche sono spaventati dal nuovo Mes? Gli Stati che saranno costretti ad accedere al meccanismo dei prestiti del Meccanismo europeo di stabilità dovranno fare i conti con condizioni più stringenti sulla riduzione del debito. Con il rischio di una possibile ristrutturazione. Ricordiamo che in Italia il debito pubblico è detenuto per il 70% dalle banche, le stesse che non sarebbero state informate riguardo la modifica del Mes. Modifica che, se dovesse passare, potrebbe lasciare un sesto dello stesso debito pubblico italiano senza più alcun acquirente. Il quotidiano La Verità aggiunge anche che i titoli pubblici nelle mani di istituti di credito del nostro Paese ammontano a circa 400 miliardi di euro sui 2400 miliardi totali.

Le rassicurazioni del Mef

Nel frattempo il ministero dell’Economia e delle Finanze ha diffuso una nota in cui difende l’operato del governo. Il ministro Roberto Gualtieri ha provato a spegnere l’incendio: “C’è molta confusione nel dibattito italiano. È bene chiarire come la riforma del Mes non introduca in nessun modo la necessità di ristrutturare preventivamente il debito”. In ogni caso, Conte riferirà in aula il prossimo 10 dicembre, tre giorni prima del Consiglio europeo in programma sull’argomento. Cioè quando ormai potrebbe essere troppo tardi per rimediare a eventuali errori.

Il nodo della ristrutturazione del debito pubblico

Ma quando si parla della riforma del Mes, di cosa stiamo parlando esattamente? Intanto il Meccanismo europeo di stabilità è un fondo europeo capace di prestare soldi a Paesi in crisi economica; negli ultimi anni lo ha fatto, tra gli altri, all’indirizzo di Grecia, Portogallo e Irlanda. In altre parole, il Meccanismo europeo di stabilità potrebbe essere definito una sorta di Fondo monetario internazionale ma attivo solo in campo europeo. Qual è, dunque, il problema? Il meccanismo stesso, perché il Mes è pronto a prestare i soldi ma li rivuole anche in cambio. Per assicurarsi che i governi debitori siano in grado di restituire i denari, il Mes chiede a questi ultimi di attuare misure economiche drastiche, tipo tagliare la spesa pubblica, incrementare le tasse e via dicendo. Ma tra queste azioni da mettere in atto c’è anche la ristrutturazione del debito pubblico? La domanda che si fanno gli istituti bancari è: il Mes può prestare soldi senza chiedere ai Paesi di ristrutturare il proprio debito pubblico? Anche perché la ristrutturazione del debito implica il pagamento solo in parte dei creditori. E, come abbiamo visto, in Italia una buona fetta del debito pubblico è nelle mani delle banche. Che adesso vogliono vederci chiaro.

Il rischio di una crisi

Sulle pagine de La Stampa, sempre parlando del Mes, Carlo Cottarelli sottolinea i rischi di una “riforma insidiosa” che potrebbe scatenare diverse crisi. Certo, oggi il Mes può prestare soldi solo se il debito di un Paese è considerato sostenibile, proprio per evitare la richiesta di una ristrutturazione. Ma la riforma andrebbe a toccare un punto di frizione inerente alla divisione di responsabilità tra lo stesso Mes e la Commissione Ue nel giudizio sulla sostenibilità del debito, oltre a vari cambiamenti tecnici nelle caratteristiche dei titoli di Stato emessi. Cambiamenti e modifiche che, va da sé, “potrebbero indicare una maggiore propensione alla ristrutturazione del debito rispetto alla situazione attuale”. Se il percorso imboccato dovesse essere questo e se il messaggio che dovesse passare ai mercati finanziari dovesse essere quello di una probabile ristrutturazione del debito, attenzione a possibili scenari di crisi. Lo spread di un Paese, ad esempio, potrebbe crescere, gli investitori smettere di comprare titoli di Stato; e quel Paese ricorrere davvero al Mes e alla ristrutturazione del debito, una sorta di austerità sotto mentite spoglie.

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