Conte si arrende agli indiani: tratteremo sui licenziamenti

«Siamo pronti a trattare anche sugli esuberi». Il governo Conte alza bandiera bianca: non esiste alcun piano B.

Se Arcelor Mittal, grazie allo scellerato voto parlamentare (con l’avallo del medesimo governo) contro lo scudo fiscale, si può agevolmente sfilare, e mollare definitivamente la patata bollente della ex Ilva, la maggioranza Pd-Cinque stelle non sa come evitare la catastrofe industriale.

Dunque, bisogna cedere alle condizioni poste dal colosso siderurgico franco-indiano. E il messaggio in questo senso arriva direttamente dal premier Giuseppe Conte, secondo quanto rivelava ieri Huffington Post: il capo dell’esecutivo, durante l’incontro in prefettura a Taranto venerdì sera, avrebbe ammesso che l’unica strada praticabile è quella di riavviare la trattativa con Arcelor Mittal, mettendo sul tavolo concessioni pesanti. Non solo il maxi-sconto sull’affitto, già ipotizzato (si parla di dimezzare la cifra della proposta iniziale da 1,8 miliardi), ma anche gli esuberi. L’azienda ne ha annunciati 5mila, il governo starebbe lavorando ad una bozza di controproposta: 2.500 esuberi, da tutelare attraverso la cassa integrazione. In cambio, la multinazionale dovrebbe impegnarsi a «ritirare tutti gli atti e le procedure avviate, compresa quella al tribunale di Milano, relative al disimpegno e alla restituzione dell’impianto tarantino allo Stato».

E, ovviamente, sul tavolo va messo anche il ripristino dello scudo penale per dipendenti e nuovi gestori, anche se è un impegno che fa tremare le vene ai polsi di Conte, perché farlo votare dalla sua maggioranza e in particolare da quel Vietnam impazzito che è il partito dei Cinque stelle può rivelarsi esiziale per le sue sorti. Gigino Di Maio ha già minacciato la crisi, in caso di ripristino. E anche Arcelor Mittal sa bene che le promesse del premier in questo senso non hanno grande attendibilità. Il Pd insiste, con il capogruppo Delrio: «È stato un errore offrire quel pretesto, ora occorre ripristinare lo scudo».

Ma è necessario riportare la multinazionale al tavolo di Palazzo Chigi, si spera tra domani e martedì. A qualunque costo: le ipotesi di nazionalizzazione, di cui si sproloquia a vanvera da più parti della maggioranza, non sono fattibili, né esistono altri potenziali investitori. Mettere in fuga Arcelor Mittal sarebbe un segnale spaventoso di inadeguatezza e inaffidabilità del Paese.

Anche dal Pd c’è chi, come il sindaco di Milano Beppe Sala, dice apertamente che la trattativa va ravviata subito, e da una posizione di evidente debolezza: «Dobbiamo trattare e dobbiamo accettare una parte di riduzione del personale. Quello che viene chiesto è eccessivo, ma se non si accetta un po’ di riduzione del personale non se ne esce». «Bisogna tenere i nervi saldi e costringere Mittal a sedersi al tavolo della trattativa», conferma il responsabile economico dei Dem. Un messaggio severo al governo arriva dal commissario Ue Paolo Gentiloni: «In queste materie i patti vanno rispettati: questo riguarda sia il gruppo Arcelor Mittal che le istituzioni italiane». A fare il Rodomonte resta solo l’improbabile Gigino: «Arcelor Mittal non se ne potrà andare indisturbata». Sai che paura.

il giornale.it

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